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Il Papa prega per i giornalisti   di Luciana Alboreto   6 maggio 2020: dalla Cappella di Santa Marta giunge la preghiera del Pontefice ai...
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L’architettura delle stazioni ferroviarie dell’Ottocento   di Antonio La Gala   Le prime stazioni ferroviarie, quando sorsero attorno a metà...
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Attilio Pratella, la vita.   di Antonio La Gala   Attilio Pratella è uno fra i più noti pittori che hanno operato a Napoli negli ultimi anni...
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CAMPIONATO DI CALCIO DI SERIE A E CHAMPIONS LEAGUE 2021-2022   di Luigi Rezzuti   Prendiamo come augurio la famosa frase del grande Nino Manfredi...
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E’ TORNATA LA NORMALITA’   di Mariacarla Rubinacci   Ben tornata Normalità. Sono due anni che non ci vediamo. Cosa hai fatto? Dove sei stata? Ah, io?...
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SOTTO AL TAPPETO   di Sergio Zazzera   “Città segreta”, nell’immaginario di Corrado Augias, Napoli ha costituito il tema della trasmissione...
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 SEGNALIBRO   LIBRI Da leggere   Parole. Estranee al linguaggio corrente, definite con dotta competenza dalla Treccani: ‘Ipotiposi’, ‘persiflage’,...
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CALCIOMERCATO ESTIVO   di Luigi Rezzuti   L’emergenza legata al Covid 19, nella scorsa stagione, ha cambiato profondamente il calciomercato estivo,...
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Al via mercoledì 2 giugno ad Ascea Marina il progetto "Alétheia e Doxa"      Prenderanno il via mercoledì 2 giugno alle ore 17,00 in piazza Europa ad...
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Articoli

In campeggio ad Ischia

In campeggio ad Ischia

 

di Luigi Rezzuti

 


Avevo diciotto anni e da diciassette, ogni anno, durante l’estate, andavo a villeggiare ad Ischia con la mia famiglia. Quell’anno chiesi ai miei genitori il permesso di andarvi, in campeggio,c on un mio amico.  Entrambi, pieni di entusiasmo, andammo subito al mercato e comprammo una tenda canadese, chiodi per il fissaggio, due materassini gonfiabili, una grossa torcia e delle aste per montare la tenda. L’ultimo giorno di luglio, sotto un sole cocente, ci imbarcammo dal porto di Napoli e sbarcammo sull’isola con due zaini pesanti sulle spalle. Essi contenevano quanto ci occorreva, ovvero la tenda, magliette varie, due costumi da mare e calzoncini corti. Ci recammo in un campeggio attrezzato ma, quando chiedemmo il prezzo per occupare uno spazio, scappammo via delusi. Avevamo portato con noi quindicimila lire per ciascuno e buona parte del nostro gruzzoletto sarebbe  servito solo per il fitto del posto in campeggio. Non ci perdemmo d’animo e ci incamminammo verso la spiaggia degli Inglesi, pensando di montare la tenda in un angolino. Mentre raggiungevamo la spiaggia, vedemmo un vigneto ed un contadino che raccoglieva grossi grappoli d’una. Ci fermammo e chiedemmo se potevamo  occupare un posticino per montare la tenda, per quindici giorni. Ci chiese, per il fitto, cinquemila lire, con la possibilità di poter mangiare quanta uva volevamo. In un batter d’occhi iniziammo a montare la tenda, poi raggiungemmo la spiaggia e qui, tutte le mattine, andavamo a lavarci in quanto non avevamo acqua nel vigneto. Pagando cinquemila lire per il fitto, ci rimanevano mille e seicento lire al giorno per la colazione, il pranzo, la cena, le sigarette e qualche svago. Ci rendemmo subito conto che quei soldi non sarebbero bastati per tutta la durata del nostro campeggio. Sulla spiaggia degli Inglesi c’era un lido balneare, con bar e ristorante, gestito da una famiglia, composta da padre, mamma e due giovani figlie. Iniziammo immediatamente a fare amicizia con le figlie del gestore. Erano due ragazze carine, della nostra età, forse anche un po' più giovani. Nel giro di due giorni eravamo fidanzati e questo  fidanzamento,   molto “interessato”, fu la nostra salvezza. La mattina andavamo sul lido e facevamo colazione gratis. A pranzo, se non un primo piatto caldo, ci portavano un’ insalatona e delle fette di pane. I genitori delle due ragazze erano sempre molto impegnati e non si accorsero che non pagavamo mai. Purtroppo mi venne in mente un’idea che compromise tutto. Proposi alle due ragazze di scappare di casa insieme a noi. Prendemmo appuntamento per la mezzanotte e, con grande meraviglia, si presentarono puntuali. Avevano con loro un gruzzoletto di danaro e qualche oggettino d’oro ma, quando capirono che era uno scherzo, la “pacchia” di mangiare gratis finì. Per i restanti giorni, al mattino, mangiavamo qualche grappolo d’uva e compravamo due sfilatini di pane al giorno che riempivamo, a pranzo, di pomodori e per cena di fichi, che ci procuravamo da una campagna vicina. Una sera decidemmo di andare in un locale da ballo. Il mio amico, però, non era d’accordo perché, giustamente, diceva: “Ma, senza ragazze, cosa facciamo, balliamo io e te da soli?”  Lo convinsi dicendogli che avremmo sicuramente trovato qualche ragazza libera nel locale. Erano le 21.00, entrammo nel locale da ballo quasi vuoto, data l’ora. Sedemmo ad un tavolino e ordinammo due birre. Qualche metro distante da noi c’erano due donne sole, avevano, forse, una cinquantina d’anni, mi alzai e andai al loro tavolo, proponendo di unirci tutti e quattro ad un solo tavolino. Le due anzianotte accettarono sorridendo, il mio amico ironicamente mi disse che così avremmo ballato con le “nonne”. Gli risposi: “Meglio queste che niente” Iniziai a corteggiare una di loro e fui subito seguito dal  mio amico con l’altra donna. Forse erano in cerca di avventure perché accettarono volentieri il nostro corteggiamento. Ballammo tutta la sera, fino a tarda notte e furono le due donne milanesi, in cerca di avventure, a pagare le consumazioni. Eravamo capitati proprio bene! In fondo avevano anche un bel corpo, l’unico problema per noi è che erano anzianotte, ma a quel punto importava poco. Diventammo, per forza di cose, anzi per fame… i loro “gigolò”. Tutte le sere ci incontravamo al locale da ballo e, immancabilmente, pagavano sempre loro, sia le consumazioni che le sigarette. Che bello! Era tutto gratis, ma in cambio offrivamo prestazioni amorose da ragazzi, se pur già smaliziati ed esperti. Purtroppo, le due milanesi ci salutarono. La loro vacanza era finita ed  era finita anche per noi, economicamente parlando. Un pomeriggio, non avendo nulla da fare, andammo a passeggiare lungo il corso principale di Ischia Porto, lo percorremmo avanti e indietro per più di due ore, poi, stanchi, decidemmo di acquistare due birre per andare a berle in pineta. Strada facendo, incontrammo due ragazze e le invitammo a bere con noi. Erano due commesse della Standa (di Napoli) ed erano venute per un giorno ad Ischia. Avevano l’ultimo traghetto alle 19,30 per fare ritorno a casa, ma tra una birra e l’altra, tra una barzelletta e l’altra e chiacchierando, riuscimmo a far perdere loro l’ultimo traghetto. Le ragazze erano preoccupatissime, non sapevano come avvertire i genitori della mancata partenza. Cercammo di calmarle consigliando loro di telefonare a qualche collega, che avrebbe potuto avvertire i genitori, rassicurandoli e comunicando che, comunque, le ragazze avrebbero pernottato a casa di un’amica che era  in villeggiatura ad Ischia. Fu una serata, anzi, una notte, indimenticabile. Altro che le due anzianotte milanesi. Erano due belle ragazze, di qualche anno più grandi di noi, simpatiche, divertenti, allegre e forse anche un po' birichine … Sotto la tenda canadese c’era lo spazio solo per due persone, quella notte eravamo in quattro. Ci stendemmo sui  materassini gonfiabili, usati da noi come lettini, ma, tra un movimento e l’altro… e per il poco spazio, si sgonfiarono tra l’ilarità di tutti. Per giunta si spense anche la torcia, forse ormai si era scaricata… e rimanemmo completamente al buio finché none uscimmo... a riveder le stelle… Che notte quella notte… Finita la nostra indimenticabile vacanza, tornammo a Napoli e andammo a  fare una buona “mangiata” in una trattoria a piazza Municipio. Ne avevamo proprio bisogno.

(Marzo 2024)

NEL MEZZO DEL CAMMIN

NEL MEZZO DEL CAMMIN DI NOSTRA VITA

MI RITROVAI IN UNA SELVA OSCURA

 

di Luigi Rezzuti

 

Una sera d’estate, quelle sere calde, dove veramente l’afa ti riduce ad essere senza voglie ed interessi, oppresso dalla canicola decido di andare a fare un giro in auto, tanto per rimanere un po' di tempo con l’aria condizionata e riprendermi un attimino. Dove vado, dove non vado, sono bastati due spifferi di aria fresca per farmi decidere di andare in un boschetto dove non ero mai andato perché troppo lontano dalla mia abitazione, quindi decido di andarci. Guido per quasi mezz’ora pensando se il mio abbigliamento fosse adeguato al posto. Ho nel baule dell’auto dei calzoncini corti, mi fermo in un piazzale dal quale parte un sentiero che finisce in un boschetto adiacente, la zona è molto tranquilla c’è qualche auto posteggiata ma nessun movimento di esseri umani. Rimango in auto per qualche minuto, arriva un’auto, scende una donna molto alta e magra, indossa una minigonna, ha i capelli a caschetto neri, si guarda un po’ intorno, poi si dirige sicura verso il sentiero scomparendo nel bischetto. Un’altra auto passa vicino alla mia guardando dentro, si ferma un po' più in là, scende un uomo molto grasso, avrà sui cinquant’anni, si accende una sigaretta, fa due tiri, la butta, la spegne schiacciandola col piede e si incammina nel bosco. Qualcuno esce dal bosco, risale in auto e se ne va. Arriva un Suv di lusso, scendono un uomo in giacca e cravatta, sui cinquant’anni e una donna molto elegante e piacente, almeno così sembra, poco più di quarant’anni, ridono e scherzano ad alta voce, sembrano molto a loro agio. Restano vicino all’auto alcuni minuti e poi anche loro si inoltrano chiacchierando nel boschetto. A questo punto, attendo ancora un minuto poi prendo a camminare nel buio della notte tra i rami e i cespugli, cammino senza trovare traccia di alcun essere vivente, ad un cero punto sento un vociare provenire da poco lontano, risate sguaiate, schiamazzi di gente che sembra stia divertendosi. Cammino in direzione della festicciola, ormai ci sono, tra la vegetazione abbastanza fitta c’è uno spiazzo dove l’erba è e schiacciata dal continuo transitare di chi si avventura nella selva, la donna, col vestito rosso, ride sguaiata attorniata da un gruppetto di uomini e donne mentre l’uomo che l’accompagnava guarda appoggiato ad un albero. Guardo ma preferisco proseguire nel mio esplorare questo posto. Mi inoltro ancora di più nella boscaglia e qualche metro più in là noto quella donna con la minigonna. Mi sembra che amoreggia con il grassone. Vado oltre e mi inoltro ulteriormente nel bosco che sembra farsi più fitto, curioso di vedere cosa mi riserva ancora questo posto. Cammino per qualche minuto ma non trovo nulla di nuovo, sto quasi per tornare indietro quando vengo preso dalla strana sensazione di essere seguito. Mi fermo e volutamente volto le spalle nella direzione in cui potrebbe giungere il mio inseguitore, anzi faccio di più, mi fermo, non devo aspettare troppo tempo che un uomo alto, con pochi capelli, mi sorride per rassicurarmi e prosegue il suo cammino. Mi sono inoltrato parecchio bel bosco, sono molto lontano dal parcheggio, dopo un aio di minuti rallento e riprendo normalmente a camminare verso l’uscita dal bosco, nessuno mi sta seguendo e non incontro nessuno. Sono quasi al parcheggio che nel frattempo si è quasi svuotato, quando a pochi passi dall’auto mi accorgo di non avere con me il marsupio con le chiavi dell’auto. E adesso cosa faccio? devo averlo smarrito nel bosco, torno sui miei passi guardando per terra per quello che si poteva vedere con il buio pesto che era sceso dopo che la luna era stata coperta da una nuvola. Con qualche difficoltà ritrovo finalmente il mio marsupio con le chiavi dall’auto e rivedo il grassone e la donna con la minigonna che fanno ritorno verso il parcheggio. Il grassone mi saluta: “Ciao! Cosa fai qui tutto solo?” gli spiego il perché sono tornato indietro e che probabilmente non ci tornerò più perché per me è un posto molto scomodo da raggiungere. All’improvviso il grassone tira fuori un coltello a serramanico e mi obbliga a dargli il mio portafogli se voglio fare ritorno a casa, gli consegno il portafogli e mi lascia andare. Mi incammino ancora tutto impaurito verso il parcheggio, ho fortunatamente il mio marsupio e le chiavi dell’auto, il cielo si sta già schiarendo, sembra quasi albeggiare, ma che ora si sarà fatta?

(Settembre 2023)

UN RICORDO INDIMENTICABILE

UN RICORDO INDIMENTICABILE

 

di Luigi Rezzuti

 

Questo non è un racconto d’amore, ma solo un ricordo che porterò per sempre nel mio cuore.

Avevo 18 anni quando, per la prima volta, vidi lei, bella, impossibile, solare, aveva un sorriso stupendo.

Da quel primo giorno, non l’ho più dimenticata. Pomeriggi interi a spiarla, per ore ed ore, ad aspettarla davanti a quel vicolo dove si riuniva con le amiche. Ogni volta che arrivava i miei occhi si illuminavano, diventavano lucidi per la gioia, il cuore impazziva e andava a mille, ma lei non si accorgeva di niente e a me andava bene così, mi bastava vederla ogni sabato, mentre entrava in pizzeria dove io e i miei amici ci riunivamo.

La guardavo, senza farmi notare. Era bella, forse troppo bella per me.

Ricordo ancora ogni sabato in lacrime perché volevo andare a dirle tutto, ma non ci riuscivo anche se i miei amici mi davano coraggio, mi rassicuravano, mi spronavano. Io, come al solito, non riuscivo nemmeno a dirle: “Ciao”. Forse questa è l’unica cosa che rimpiangerò per tutta la vita, rimpiangerò quel maledetto giorno in cui la vidi entrare per l’ultima volta nella pizzeria con il suo stupendo sorriso ed io, troppo imbarazzato, scappai via.

Dopo tante promesse, fatte anche con i miei amici, ci fu il momento di avvicinarmi e provare a conoscerla.

Beh… scappai via, ero ingenuo, stupido, timido, ma forse era solo destino.

Fu così che quella stessa sera lei perse la vita in un incidente col motorino.

Quello è stato il giorno più brutto della mia vita. Oggi, dopo una cinquantina di anni circa, il mio cuore batte ancora per lei, batte ancora quado passo davanti a quel vicolo dove, però, non riesco a girarmi perché so che non la rivedrò mai più, sorridente come sempre.

Ora sto bene, non sono triste perché so che lei è qui con me, ogni giorno le parlo, so che lei mi guarda, ancora sorridente, di lassù.

E vorrei dirle solo una cosa che non le ho mai detto o, forse, non ho mai avuto il coraggio di dirle: “Antonella, sei stata il mio primo colpo di fulmine. Non ti dimenticherò mai, non dimenticherò mai la gioia che provavo vedendoti sorridere, rimarrai sempre con me Non costa niente sognare, no? Non ti dico addio perché un giorno, forse ci rincontreremo. Quindi, ciao, Antonella. Un bacio. Tuo per sempre”.

(Maggio 2023 - Gli articoli vengono riprodotti quali ci sono pervenuti)

IN UN PAESINO

IN UN PAESINO SPERDUTO DI MONTAGNA

 

di Luigi Rezzuti

 


Quello che sto per raccontare non esce da una bella penna di un autore di storie romantiche, ma dalla realtà, che, in fatto di storie, sa come superare di gran lunga ogni più fervida fantasia. Tanti anni fa, in un paesino sperduto sulle montagne dell’Avellinese, una ragazzina, appena adolescente, sta vivendo i primi batticuori per un ragazzo di poco più grande di lei. I due si conoscono appena, egli la segue in bici quando lei, accompagnata dalla madre e dalle sorelle, ogni giorno raggiunge la sarta da cui prende lezioni di cucito. Si guardano, nulla di più è concesso a quel controllo serrato e severo. Egli, da ragazzo innamorato, cerca, come può, di catturare immagini di lei e impressionarli su fotografie, su cui, poi. appone dei pensieri in libertà. Lo stesso fa su fogli di carta che conserva gelosamente e su di  essi scioglie tutta la poesia di un amore puro e dolce, che trattiene dentro di sé. Ma intanto qualcuno coglie i segni di quel sentimento appena nato e il padre di lei gli intima di abbandonare immediatamente ogni aspettativa. La loro è una famiglia troppo povera per pensare di dare la ragazza in moglie a uno che non se la passa certamente meglio. E così lei, col cuore infranto, dirà a quel ragazzo che continua a seguirla ogni giorno, di dimenticarla per sempre, se non vuole che suo padre intervenga più duramente. Lui obbedisce, perché l’unica cosa che non vorrebbe è farle del male, e parte. Va  a cercare lavoro a Milano. Lì troverà una donna che diventerà sua moglie e madre dei suoi figli. Lei, dopo qualche tempo, sposerà un uomo con cui vivrà un’intera vita di felicità ed amore. Passano gli anni, alcune decine, sessanta, per la precisione, quando lui, da vedovo, torna al paese. Chiede di lei, non l’ha dimenticata, scopre che è rimasta vedova da poco, e allora chiede il suo numero di telefono e un giorno, domato il cuore che batte forte, la chiama. Lei è titubante, forse all’inizio neppure se ne ricorda e, comunque si fa coraggio e accetta di incontrarlo. Il tempo ha trasformato i loro corpi, ha inciso rughe sui loro volti, ne ha scolorito i capelli, ha appesantito gli sguardi, ma ha lasciato intatta quell’emozione che, molti e molti anni prima, era stata bruscamente interrotta. E, in più, per lei il tempo aveva in serbo una sorpresa del tutto inaspettata: un pacchetto di scatti che la ritraevano ancora così giovane e bella e, sul retro, le parole che lui non aveva potuto rivolgerle, i sentimenti che non aveva potuto esprimerle. Le aveva custodite gelosamente, perché, nel più profondo del suo cuore, non aveva mai smesso di pensare a lei. Preso atto del fatto che questa volta non avevano nessun valido motivo per opporre un diniego né di attendere ancora così tanto a lungo, dopo che ognuno aveva attraversato un’intera vita, fatta di   mille altre cose. La difficoltà adesso diventa quella di superare il senso del pudore che di per sè non contemplerebbe che, alla soglia degli ottant’anni, si torni a vivere le passioni di un’adolescenza. Lui, nonostante tutto, mostrava ancora la pazienza di aspettare che in lei maturasse la scelta di seguirlo in un paesino poco distante da quello in cui ha vissuto in questi anni, per sperare di poter percorrere assieme tutti i passi che la vita intende ancora concedere loro. Pochi, rispetto a quelli che in realtà avrebbe desiderato, ma per sempre meglio di niente. E’ premuroso e la raggiunge spesso, la porta a cena fuori e l’accudisce come può. Pare addirittura che, quando lei è stata operata alle cataratte, anziché con il convenzionale e scontato mazzo di fiori, lui si sia presentato al suo capezzale con un cesto ricco di tutte le prelibatezze del suo orto, coltivate con la stessa dedizione che ancora rivolge a lei. Ormai in paese tutti conoscono la loro storia e anche il figlio di lei sarebbe felice di saperla in compagnia di un uomo che la ama profondamente, solo che, per ora, quel senso di pudore è più forte e le impedisce di cedere alla tentazione di raggiungerlo. Ma è felice: chi la conosce giura di leggerle sul suo volto un guizzo di rinnovata allegria e di vitalità che solo un amore impermeabile al tempo e allo spazio poteva restituire. Ed è tutta qui la magia di questa storia nella luce, bella e radiosa, che infonde ai suoi ottuagenari protagonisti. L’emozione di sapere che da qualche parte, neppure troppo lontano, si stia consumando una storia così romantica, a dispetto di tutte quelle in cui il senso vero dell’amore viene quotidianamente mortificato e svilito.

(Luglio 2023)

MUSTAFA’

MUSTAFA’

 

di Luigi Rezzuti

 

Mustafà sta qua, Mustafà sta qua.

Con questa voce si fa strada pian piano, sulle spiagge del litorale di Formia, la possente figura di Mustafà, con la sua colorata mercanzia di palloni, scarpette da mare, giochi da spiaggia.

Lo chiamo perché mi si sono rotte le pianelle di gomma.

Ora, è di tradizione mercanteggiare con gli ambulanti, invece, io che tendo ad avere sempre lo sconticino nel negozio elegante, senza ottenere che un’alzata d’occhi schifiltosa della commessa, con gli ambulanti, per principio, non tiro mai sul prezzo e, quando Mustafà mi chiede otto euro, gliene do dieci e lo fermo mentre sta per cercare i due euro di resto.

E per non offenderlo gli dico che no, il resto è per un caffè.

Mustafà non mi ringrazia, allarga ancora di più il suo sorriso biascicando, quasi a se stesso, qualcosa sulla giornata cominciata bene per aver venduto a dieci euro una cosa da otto. Il che significa che in quella giornata venderà tante cose.

Lo osservo che si allontana lanciando la sua voce di richiamo, col suo carico che sembra non pesargli nella mattina canicolare, con il sole negli occhi e il sorriso che gli illumina il volto, nerissimo, incorniciato da una barba bianca.

Mustafà avrà certo i suoi problemi: chissà da dove viene, dove abita, in quale luogo ha familiari cui mandare i pochi soldi che arrabatta.

Eppure sprigiona una serenità antica, quella dei tempi in cui non ci si poneva troppi problemi e non si era pressati da troppe aspettative: quando si “campava” la vita giorno per giorno, moneta su moneta, assaporandone il gusto ora dolce ora amaro.

Forse tutti noi dovremmo provare a gridare ogni tanto il nostro nome come un richiamo (Luigi sta qua, Danilo sta qua) che sintetizzi il senso primario ed essenziale della vita. Esserci ancora, malgrado tutto.

Con la mercanzia che ognuno di noi ha la capacità di offrire a  se stesso e agli altri, accompagnati da un sorriso, che ha il potere di illuminare il cammino.

(Aprile 2023)

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