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Garibaldi arrivò in treno

 

di Antonio La Gala

 

L'apertura della prima ferrovia italiana, quella da Napoli a Portici, avvenuta il 3 ottobre del 1839, è sbandierata dal campanilismo locale come prova della superiorità tecnologica del regno borbonico, simbolo della sua visione avveniristica, un cavallo di battaglia evergreen.

Senza per nulla togliere alla ferrovia borbonica l’inestimabile merito storico di essere arrivata qualche mese prima delle numerose altre ferrovie d’Italia, qui si vuole notare la curiosa circostanza che fu proprio questa gloria borbonica a portare Garibaldi a Napoli, il sette settembre del 1860. 

Ci dispiace demitizzare la scenografia eroica dell'ingresso nella nostra città dell'Eroe dei Due Mondi: Giuseppe Garibaldi non vi irruppe su un focoso destriero, con la spada sguainata, alla testa di scalmanate camicie rosse, ma arrivò a Napoli tranquillamente in treno, a cose fatte, scendendo dal treno-gloria dei Borbone, manco a dirlo, a "Corso Garibaldi".

Sospettiamo che l’Eroe non ritenne opportuno consegnare alla Storia la sua entrata vincitrice in una capitale nemica fatta in treno, visto che nelle sue memorie dice solo che "giunse nella bella Partenope dopo una corsa celere di pochi giorni da Reggio a Napoli, precedendo sempre le sue colonne, che non potevano raggiungerlo".

Le notizie sull’epico viaggio, che portò all’ingresso di Garibaldi a Napoli alla testa di alcuni sferraglianti vagoncini, tirati da una locomotiva a vapore, ci vengono fornite dal resoconto di un garibaldino che accompagnava il Generale.

La ferrovia dei Borbone, dopo la mitica inaugurazione del 1839, e fiore all’occhiello dello sviluppo del Regno, era stata progressivamente allungata verso sud. Nel 1860 arrivava addirittura fino a Vietri!

Quando Garibaldi, proveniente dalla Calabria, si fece vedere dalle parti di Salerno, la ferrovia, congiungeva, appunto, Vietri con Napoli.

Fu proprio a Vietri che il superEroe  salì su un treno per giungere a Napoli.

Contravvenendo alle sue idee egualitarie, Garibaldi prese posto in prima classe, assieme ad alcuni collaboratori. La gran folla che si era radunata nella stazione rese difficoltosa la partenza. Dice il cronista che furono fatti "sforzi inauditi per non stritolare persone".

Nella stazione di Cava una donna voleva baciare la mano di Garibaldi, che rifiutò di accettare un gesto così servile, acconsentendo solo ad un bacio sulla guancia, gesto che fu subito imitato dalle numerose altre donne presenti.

Fra l'entusiasmo della folla (quella stessa folla fino ad allora "fidelissima" dei Borbone), assiepata lungo il percorso e nelle stazioni, con la ripetizione sempre delle stesse scene, "tranne i baci", il treno arrivò in prossimità della stazione di Napoli. Al grido battagliero "Avanti !", lanciato da Garibaldi  al macchinista, ogni volta che ufficiali del seguito consigliavano soste e prudenza nell'entrare in città, il convoglio giunse finalmente a destinazione.

Una lapide sistemata vicino alla stazione della Circumvesuviana, monumento oggi usato come punto di riferimento per deposito di immondizie, ci ricorda l'ingresso di Garibaldi in quel punto.

Le cronache ci dicono pure che Garibaldi, poco prima di presentarsi ai napoletani e all’appuntamento con la Storia, durante una sosta del treno, "traversando una folla silenziosa" di operai, che stavano lavorando sui binari, scese a soddisfare all’aperto un bisognino fisiologico: all’epoca le carrozze ferroviarie difettavano di ritirate.

(Marzo 2019)