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BARCHE E ARTE

 

di Sergio Zazzera

 

Una premessa, un tantino articolata, ritengo necessaria: non sono un “tifoso” della Lega e non sono neppure un critico d’arte; mi sforzo soltanto di assicurare il collegamento fra gli occhi e il cervello, qualsiasi cosa mi accada di guardare.

Ciò detto, vengo alla notizia, diffusa dai media, dell’esposizione all’Arsenale di Venezia, a cura dell’artista Christoph Buechel, dello scafo naufragato nel 2015, con oltre settecento migranti a bordo.


Ebbene, non condivido l’idea di esporre alla Biennale l’imbarcazione in questione, non già perché – come vorrebbe la Lega – sarebbe stato preferibile che quei migranti fossero rimasti “a casa loro” e che colà noi li avessimo “aiutati”, bensì perché credo che l’opera d’arte sia cosa assolutamente diversa. E mi ritengo in ottima compagnia: suggerisco, anzi, la lettura della Breve storia dell’arte moderna di Jean Clair.

Alcuni anni fa, scrissi, a proposito dell’installazione di Yannis Kounellis al Ponte di Tappia, che bisognava collegarvi una lampadina, giacché quella sarebbe stata un’opera d’arte, soltanto se essa non si fosse illuminata; altrimenti, saremmo stati in presenza, semplicemente, di un generatore di elettricità. L’arte, infatti, è imitazione della realtà, non già la realtà stessa.

Sempre alcuni anni fa, poi, a proposito della celebre Piroga di Hidetoshi Nagasawa, scrissi che, per verificare se si trattasse di un’opera d’arte, sarebbe stato necessario immergerla nell’acqua: l’ipotesi, infatti, sarebbe rimasta verificata soltanto nel caso del suo affondamento; diversamente, quella sarebbe stata soltanto una piroga.

Concludo: nel nostro caso, l’affondamento si è già verificato, quattro anni fa. Giudichi, dunque, il lettore se siamo di fronte a un’opera d’arte.

(Maggio 2019)