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OGNI PICCOLA COSA INTERROTTA, di Silvia Celani

 

di Luigi Alviggi

 

Per chiudere i conti col passato a volte non basta l’intera vita. È il caso dei traumi infantili, violenti quando la sorte pone in balia di individui immorali, o prolungati quando si incrudisce il cuore di chi dovrebbe proteggere la vita che sta crescendo. Così per Vittoria, la ricca ventenne che ha perso piccola il padre e ricorda l’infanzia in frammenti senza nesso. Vive con una madre neppure matrigna, chiusa in una torre dalla quale riserva il minimo di contatti. Non parla del marito né vuole sentirlo nominare, e tutto è improntato alla sua rigida volontà. Gli incontri sono scontri, spesso rabbiosi. Vittoria ha pochi ricordi infantili e, dentro, qualcosa che sanguina, e nessuno la aiuta. È immersa in una palude e vive schiacciata dal peso di vicende familiari irrisolte ed è sempre sull’orlo di crisi di panico che la fanno soffocare.

Silvia Celani, giovane romana innamorata del verde della natura, è all’esordio letterario, ma questo lavoro ha poco da spartire con tale categorizzazione. Ha picchi drammatici, nel solco di tragedie greche, nei quali il vissuto naufraga in disperazione. Il lettore resta trascinato e commosso per eventi sofferti senza attenuanti.

La situazione, crollata su fragili spalle di chi non ha conosciuto amore, spinge alla ricerca dell’indispensabile. La ragazza dovrà affrontare una selva di ostacoli per capire il mistero profondo che avvolge tutto quanto vive. Dovrà montare i cocci, proprio come va facendo con quelli di un carillon che spranga i ricordi infantili, trovato nascosto in una stanza tabù della madre. Dal ripristino dei pezzi di porcellana, a cui l’ha guidata la psicoterapeuta, Grazia, iniziandola al kintsugi (unapratica zen), inizia a discernere il sentiero che fa balenare un’incerta meta. I ricordi possono ricomporsi come può succedere con il carillon? Nella salvatrice, dopo l’iniziale chiusura diffidente, trova una madre posticcia, cento volte migliore dell’effettiva, che fa emergere il traumatico passato. La determinatezza la conquisterà, esortandola a scoprire dove è sua inconscia intenzione giungere.

Grazia la rovescerà come un guanto e, dalla vita lussuosa ma falsa che vive, la guiderà all’ermetica infanzia,la incoraggerà a indagarla, a sbirciare dentro, a inoltrarsi nell’ignoto che disorienta ma nel quale imparerà, con sofferenza, a muoversi. Spinta dal desiderio di sapere avanzerà risoluta, sistemando, come in un puzzle, i brani di passato che estrae dalla coscienza e da oggetti trovati per caso in cantina: un walkman che restituisce la voce del padre e di lei bambina, una foto da diciottenni di lui con un ragazzo e, dietro, una dedica firmata Luca. Poi trova una scatola di lettere, e si avventura dalle cose alle persone...

La diversa prospettiva le ha fatto conoscere il primo vero amore, fuori dal mondo dorato vissuto. L’ha colpita al primo vederlo nel bar, un giovane di classe modesta cui non avrebbe immaginato di dar retta, e che intuisce la sua fragilità prima ancora di conoscerla. Anche lui ha alle spalle un passato devastante e il tormento interno gli dona un occhio che riconosce subito il travaglio di un’anima. La sosterrà nei ripetuti inciampi, fornendo la volontà per proseguire. Guai se la abbandonasse, non avrebbe salvezza e lei saprà trovare il coraggio di immergersi nel suo sé. Ion la salva e, pian piano, si affaccia alla soglia di un sentimento cui mai avrebbe pensato di accostarsi. L’impensabile schiude le porte a giovani che si avviano alla vera nascita. Questa li ricostruirà alla stregua dei cocci che vengono ricollocati al proprio posto.

Vittoria scopre la forza di calarsi nella profonda miniera che la riannoda alla vita. Rivivrà la venerazione per il padre, l’affetto travalicante l’amore filiale, il paradiso dal quale troppo presto lo ha scacciata la tragedia di una morte violenta. Dalla foto trovata saprà di essere il suo ritratto vivente e ricomporrà l’unità perduta, la fortuna suprema goduta per poco. La colpa del padre, sempre nascosta dalla madre, si svuoterà d’importanza in tutto quanto ritrovato. Il carillon restaurato era il dono che sostituiva il padre quando non poteva narrarle la fiaba della buonanotte. Il passato, impossibile a tornare, si è intrecciato al presente fissando momenti veri di lui nell’orizzonte attuale: l’amore si è riacceso in tutto il vigore, l’ha resa forte e nulla sarà più come prima. Ora è pronta ad affrontare ogni cosa che la vita potrà riservare. Con l’indagine sul padre anche la figura della madre muta: creduta carnefice, è rimasta vittima di una vicenda più grande di lei che l’ha travolta. Diviene allora insensato attribuire colpe quando il mondo intorno svela tutto il suo inganno. 

Silvia Celani: Ogni piccola cosa interrotta - Garzanti, 2019 - pp. 288 - € 16,90

(Ottobre 2019)