Villa Regina al Vomero
di Antonio La Gala
Le residenze, che in età vicereale cominciarono ad insediarsi sulla collina vomerese, si svilupparono secondo schemi liberi e bene inseriti nei luoghi in cui sorgevano, sfruttandone soprattutto le doti panoramiche, come ad esempio la scia delle numerose splendide ville che si andò stendendo lungo il crinale collinare panoramico rivolto verso il Golfo, affacciato come un balcone sulla città, che da piazzetta Santo Stefano, lungo strada Santo Stefano e strada Belvedere, porta a Villa Belvedere, creandovi la più alta concentrazione di ville sorte in quel periodo.
Fra le più antiche ville di questo crinale va ricordata Villa Regina, in via Belvedere, di cui la più antica notizia risale al 1579.
La villa prende il nome dalla famiglia dei duchi della Regina, un cui componente, il magistrato Giacomo Capece Galeota (1617-1680), come altri notabili dell’epoca, dopo aver abbandonato le cariche pubbliche, si ritirò in questa sua tenuta di campagna, ad imitazione di Cincinnato, come recita una lapide incisa sull’architrave di una stanza della villa, villa che fece restaurare nel decennio1668-1677.
Due scudi di marmo scolpiti sull’ingresso della dimora, oggi scomparsi, indicavano l’unione della famiglia Capece Galeota, con quella dei Caracciolo Rocco Candelio Stuart, due illustri famiglie napoletane che si erano unite nel Cinquecento.
Sotto l’aspetto architettonico la villa presenta la facciata principale (caratterizzata da una successione di aperture, sormontate da cornici alternativamente a timpani e ad arco, tipiche del periodo rinascimentale), sul cortile interno, essendo quello, all’epoca della costruzione, il lato dell’edificio più pregiato perché affacciato sul panorama e non quello su via Belvedere, allora poco più di un viottolo, sul quale si apriva lo spazio semicircolare destinato al giro delle carrozze per entrare nella proprietà, spazio ancora esistente (al civico 131).
Oltre all’edificio e al parco, assieme a piccoli particolari interni, si conservano anche il portale d’ingresso in piperno, la cui forma testimonia la natura seicentesca del riassetto dell’edificio.
Questa villa, in seguito, non farà parlare di sé, né vi cambierà la casata proprietaria, che si estinguerà a inizio Novecento, con la morte dell’ultimo discendente dei duchi della Regina, Carlo Capece Galeota, considerato pure l’ultimo fedelissimo dei Borbone, l’ultimo legittimista borbonico.
Alla sua morte, egli lasciò la villa a un Istituto religioso, un orfanatrofio, appartenente alle Suore di Nostra Signora del Buon Pastore, che vi si trasferirono dal 1922 e che modificarono l’assetto dell’edificio, aggregandovi altri corpi di fabbrica.
Fra le altre successive utilizzazioni della villa ricordiamo la sede della scuola elementare Andrea Belvedere, dal 1969 al 2011, quando le suore furono sfrattate per morosità. Dopo due anni d’abbandono, nell’aprile del 2013 l’edificio fu occupato da famiglie indigenti. Nel corso delle utilizzazioni scolastiche la cappella gentilizia è stata trasformata in una palestra.
Per inciso annotiamo che Andrea Belvedere è un pittore del ‘600, solo casualmente omonimo della via che ospitava la scuola.
(Ottobre 2019)