Uno scugnizzo napoletano trasferito a Milano
di Luigi Rezzuti
Mai nessuno mi chiamava Antonio. Sono nato a Napoli in un quartiere popolare e tutti mi chiamavano “Guagliò”.
Sono dovuto andare al nord per sentire il mio nome.
All’inizio non mi giravo nemmeno perché me lo avevano fatto “scurdà”.
Non ero mai andato a scuola e non sapevo nè scrivere né leggere.
A Milano mio padre ha trovato subito lavoro e anche mia madre: mio padre facendo il facchino ai mercati generali, mia madre le pulizie nelle case dei signori.
Quando ho compiuto nove anni, mio padre mi ha fatto capire che bisognava andare a scuola perché di ignoranti in casa ce ne erano già due e il terzo componente della famiglia doveva almeno saper leggere e scrivere.
Non avevo mai sentito parlare così seriamente mio padree e mia madre gli dava ragione.
Un giorno, a sorpresa, senza dirmi niente, mio padre disse a mia madre: “Lavalo e vestilo, che sai dove andiamo”.
Io rimasi muto, non sapevo cosa loro avessero deciso per me. Ero ncuriosito, ma anche un poco spaventato.
Non mi manderanno in collegio, pensai. Se mi avessero mandato in collegio, addio Antonio… Meglio sarebbe stato “Guagliò”.
Mio padre, vedendomi pensieroso, mi disse: “Dove pensi che andiamo io e te?”.
E intanto ci incamminavamo a passo lento. Risposi: “Eh dove andiamo?”.
Pensai: “Il gelato è buono, non può essere che mi porti in collegio, no, no, il collegio lo escludo”.
Arrivati davanti ad una porta, ucida e bella, sicuramente verniciata di fresco, mio padre suonò ad un campanello e subito una voce rispose: “Chi è?”
M girai, pensando a qualcuno che chiamasse dall’interno.
Mio padre rispose: “Sono il padre di Antonio”. La risposta fu pronta “Attenda, prego”.
“Attenda, prego” non lo avevo mai sentito …
“Salga, prego, terzo piano con ascensore, dopo l’entrata a destra”.
Entrammo in questa bella casa, ai pavimenti profumati, dove una signora, molto giovane, anche lei profumata, ci accolse.
Mio padre disse alla signora: “Questo è il mio unico figlio, che non ho mai potuto mandare a scuola. È bravo, è buono, vorrei lo preparasse per sostenere un esame. Così, se è promosso, può cominciare a frequentare la scuola”.
Capii subito le perplessità della signora, pur se ancora non aveva parlato.
Lei capiva meglio mio padre… che è più timido e parla poco…
La signora, con le sue prime parole, mi fu subito simpatica. Lei disse a mio padre: “Le faccio una proposta, che non sarà impegnativa né per me né per lei. Mi lasci Antonio per due ore, ripassi a prenderlo, poi le dirò… In quel momento prenderemo gli accordi necessari, qualora Antonio avrà risposto ad alcune domande, riguardanti la sua predisposizione allo studio”.
“Ma guardi sign…” La giovane signora non gli consentì la minima obiezione.
Mio padre se ne andò ed io rimasi con la signora che mi condusse nello studio, bello, pulito, profumato. Mi sembrava un altro mondo.
Mi fece accomodare su una comoda sedia, chiese alla donna, che ci aveva aperto la porta, di portare una cioccolata tiepida.
Mi sentii talmente bene che mi dissi: Antò anche tu devi avere una casa profumata e in ordine, come questa della signora.
La signora mi chiese: Antonio, raccontami tutto di te e nulla della tua famiglia. Vorrei capire quale programma svolgere per te affinchè il tuo papà possa vedere suo figlio tra i banchi di scuola”.
Cominciai da quando, bambino, ero stato capace di avere amicizie buone, mentre mio padre, mattina e sera, si informava dove e con chi ero stato e io puntualmente gli davo le risposte, lui era contento e mi faceva una carezza sul viso.
Andammo avanti e ci fermammo solo il tempo di finire la cioccolata, poi continuammo fino all’arrivo di mio padre.
La signora ricevette mio padre nello studio ed io fui affidato alla signora che ci aveva aperto la porta, di nome Maria, che,veniva da Napoli ed era con la signora da molti anni. Mi tenne compagnia fino all’uscita di mio padre dallo studio della signora, non so se per gentilezza o per timore che rubassi qualcosa da casa.
All’apparire di mio padre con la signora, capii che stavo per
iniziare una nuova vita.
Lei mi disse semplicemente: “Ciao, Antonio, ti aspetto. Sii puntuale”.
Mi resi conto che dovevo cominciare a studiare e mi dissi: “Caro Antonio, cominciamo bene…”
Il giorno dopo partimmo per Napoli: mio padre, dopo alcuni mesi, ritornava a trovare la mamma.
Passammo prima a salutare una conoscente dei miei genitori.
“E’ permesso, donna Annunziata? Sono Gennaro, il padre di Antonio, è permesso?”
“Non conosco nessun padre di Antonio”.
“Ma come? ’o guaglione…”
“E ditelo subito, ’o guaglione, come state Gennaro?”.
“Sono venuto a trovare mammà cu ’o guaglione e mia moglie. Ora abitiamo a Milano”.
“A Milano? Mamma mia, così lontano! Come fate a stare così lontano da Napoli?”.
“Eh, donna Annunziata, a Napoli non si trova lavoro. Bisogna andare al nord, che devo fa’?”.
“Fortunatamente a me non manca il lavoro,-disse la donna, - solo che questo cane che tengo dà molto fastidio, sia a me che alle mie clienti, perché si infila sotto i vestiti”.
Gennaro rispose: “Antonio tra qualche giorno inizia ad andare a scuola, vuol diventare maestro”.
“Che bravo figlio che tenete”.
“E’ bravo, è bravo” poi si rivolse inaspettatamente a me: “Antonio, cosa ne diresti di aiutare donna Annunziata occupandoti del cane mentre lei riceve le clienti, per poi riportarglielo a casa, la sera?”.
“La sera? chiese Antonio.
“Lo puoi portare quando vuoi” rispose donna Annunziata.
Gennaro disse: “Antò, rispondi a donna Annunziata per il cane”.
“Va bene”
“Oh, grazie Gennaro, che bravo che è stù guaglione, mi porta via il cane, mentre lavoro.”
“Porto via il cane?” rispose Antonio – “Ma me lo date come abbiamo parlato, lo riporto la sera”.
“Si, si” rispose la donna.
Si congedarono e andarono a casa della mamma di Gennaro.
La ripartenza per Milano era questione di un paio di giorni e la nonna, in agitazione, disse: “Quando sarete a casa, a Milano, fatemi sapere del viaggio”.
Antonio, che si era accorto che la nonna aveva il telefono, le disse: “Nonna, quando siamo a Milano ti chiamo, sarà pensiero mio”.
La nonna si commosse, si asciugò le lacrime e abbracciò Antonio, poi la nuora e infine Gennaro, il suo unico figlio.
Arrivati a Milano, puntuali, come previsto, il treno fece gli ultimi metri nel silenzio generale, poi si fermò in stazione. Era il momento di scendere.
Gennaro aiutò la moglie a scendere, poi fu la volta di Antonio.
Intanto l’inverno passò e, con esso, la primavera. Sopraggiunse l’estate. La scuola chiuse i battenti. Era tempo di vacanze.
Milano d’estate è deserta, Antonio telefonò alla nonna comunicandole che era stato promosso.
“Bravo, ragazzo mio, sono fiera di te e sono convinta che da grande diventerai qualcuno. Appena vieni a Napoli c’è ad attenderti un bel regalo per la promozione”:
“Nonna, appena possibile ti veniamo a trovare. Ci manchi!”.
(Novembre 2019)