BABBO NATALE
di Luigi Rezzuti
Era una notte fredda, una notte fredda e buia.
Gigetto era accoccolato sul davanzale della finestra ad osservare le strade vuote, colme di neve.
Era una notte, ma non una qualunque, era la notte della vigilia di Natale.
I fiocchi di neve morbidi danzavano nell’aria e le luci delle vetrine dei negozi erano ormai spente.
La mamma, il papà e le sorelle più grandi si trattenevano in salotto a chiacchierare.
Gigetto era stato mandato a letto: “Vai a dormire, i regali di Babbo Natale li troverai domattina, sotto l’albero” aveva detto la mamma.
Gigetto, però, non aveva nessuna intenzione di dormire.
Amava questo giorno in modo particolare e rimase dinanzi al davanzale della finestra, per più di due ore, nonostante il freddo, a godere dell’atmosfera natalizia e a guardare le strade illuminate a festa.
Il cielo era scuro, punteggiato di stelline, che a Gigetto ricordavano le decorazioni luminose che quell’anno aveva appeso all’albero.
Quando vide la sua famiglia andare a letto, si rese conto dell’ora tarda e si infilò sotto le coperte.
Non fece nulla per contrastare il sonno e si addormentò subito.
Erano le quattro e mezza della notte quando udì un rumore provenire dal salotto. “E se fosse un ladro?” Pensò, quindi, di correre dai suoi genitori e rannicchiarsi tra di loro.
A quel tiepido e piacevole calore si addormentò e sognò di essersi alzato piano, piano, di aver attraversato il corridoio ed essere entrato nel salotto decorato a festa.
Ciò che vide lo lasciò stupito, felice, sorpreso ed eccitato.
Un omone dai capelli e barba bianchi, con un vestito rosso, stava addobbando l’albero con tanti pacchi regali.
“Babbo Natale” esclamò Gigetto con un filo di voce. L’uomo rise, una risata profonda e pastosa, e disse: “Gigetto, bambino mio, ti aspettavo.” Poi lo prese sulle ginocchia e continuò: “Devi sapere che ogni bambino incontra per davvero me, solo per una volta nella vita. E da quel giorno ha qualcosa in più: felicità, gioia, saggezza e tante altre belle cose, e quest’anno, Gigetto mio, tocca a te”.
Babbo Natale rise allo spalancarsi degli occhi azzurri di Gigetto.
“Purtroppo mi dimenticherai” aggiunse.
“Ma io non voglio dimenticarti” protestò Gigetto, guardando affascinato l’aria intorno a se, che si era intanto riempita di pagliuzze dorate.
“Lo farai, lo fanno tutti prima o poi” e gli accarezzò dolcemente i capelli morbidi e biondi.
Gigetto sorrise e disse: “Deve essere faticoso portare i doni a tutti i bambini del mondo!”.
“Questo è vero – rispose Babbo Natale – ma con un poco di buona volontà ce la posso fare e poi vedere un bambino sorridere, giocare, divertirsi felice è il più grande piacere che io possa ricevere. E adesso cosa dici? Vogliamo mangiare qualcosa? Mi è venuta una gran fame”.
“Gigetto sorrise: “Certo! Ho dei biscotti e del latte”.
E i due trascorsero la notte di Natale, il primo a raccontare storielle divertenti e il secondo ad ascoltare con curiosità.
L’alba aveva colorato il cielo di rosa “E’ ora di partire” disse Babbo Natale.
“Capisco - annuì tristemente Gigetto - non senza una lacrima.
Babbo Natale lo salutò, si sedette sulla sua slitta, dette un colpetto alla renna e partì, diventando un punto piccolo piccolo nel cielo.
Quella mattina il sole spuntò di dietro ad una nuvola, riscaldando dolcemente il viso di Gigetto, che si svegliò.
Una mano gli accarezzava i capelli. Era sua madre.
“E’ un bel giorno” esordì Gigetto, osservando il cielo.
La mamma e il papà se lo accoccolarono vicino riscaldandolo con il loro calore.
Davanti a loro, il cielo rosa si apriva immenso e Gigetto avrebbe giurato di aver visto qualcosa tra le nuvole.
Le nuvole si erano poste in modo da formare un viso barbuto e una testa con un cappuccio rosso.
(Dicembre 2019)