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 “CU ‘O CHIUMMO E CU ‘O CUMPASSO”

(relazione svolta al convegno sul tema omonimo, tenutosi il 6 dicembre nella Confraternita di S. Antonio di Padova)

 

di Sergio Zazzera

 

Nel mio Dizionario napoletano alla locuzione «cu ‘o chiummo e cu ‘o cumpasso» corrisponde la traduzione in lingua italiana: «con circospezione»(1). Diversamente, in altri dizionari della stessa viene data in italiano la traduzione «molto cautamente»(2), o «con le seste…, col calzar del piombo»(3), o ancora «con prudenza»(4): come che sia, tutte queste forme convergono verso il significato di «con precisione».

In via meramente incidentale, segnalo come qualcuno ha inteso pronunciare l’espressione in questione col raddoppiamento della consonante iniziale: “cu ‘o cchiummo”, il che è errato, dal momento che tale rafforzamento si addice esclusivamente all’impiego del vocabolo (al pari di qualsiasi altro) nel suo genere neutro(5), corrispondente a un quantitativo indeterminato di piombo, laddove nel caso di specie il riferimento è a un oggetto determinato, qual è il <filo a> piombo, il quale, insieme col compasso, consente di conseguire la massima precisione possibile nello sviluppo sia orizzontale, che verticale, di una costruzione edilizia.

Né sarà superfluo ricordare come tale raddoppiamento debba essere rigorosamente evitato, pur nella sua corrispondenza a una pronuncia rafforzata, a meno che non si corra il rischio di confusione (es.: ‘o cafè, nel senso del locale nel quale si consuma la bevanda, ma ‘o ccafè, nel senso della bevanda medesima). Del resto, si sa quanto il continuo raddoppiamento delle consonanti iniziali appesantisca i versi dei sonetti romaneschi di Giuseppe Gioachino Belli(6), così come dovrebb’essere palese a tutti che un fenomeno siffatto è presente anche nella lingua italiana, nella quale però esso non è mai rappresentato in forma grafica(7).

Per tornare, ora, al profilo della precisione, quanto si è appena detto vale a sottolineare come la stessa non debba rimanere limitata al napoletano parlato, bensì debba essere estesa anche alla sua forma scritta. Il che m’induce a stigmatizzare, da una parte, le elucubrazioni – più che teoria vera e propria – di Aldo Oliveri(8) e, dall’altra, le innumerevoli affissioni stradali, nelle quali un maldestro tentativo di trasfondere in forma scritta la pronuncia dei vocaboli fa sopprimere negli stessi gran parte delle vocali(9).

Infine, poiché precisione è anche concisione, provo a segnalare alcuni esempi di locuzioni napoletane, improntate a maggiore precisione/stringatezza, rispetto a quelle corrispondenti della lingua italiana:

a) alla distinzione operata dall’italiano fra “sant’Antonio di Padova” e “sant’Antonio di Vienne” (ovvero “sant’Antonio abate”), corrispondono le più sintetiche forme del napoletano: sant’Antonio e sant’Antuóno;

b) alla forma italiana «è stato stroncato da un colpo apoplettico» corrisponde quella napoletana: è muórto ‘e sùbbeto;

c) alla forma italiana «con lo sconto del 50%» corrisponde quella napoletana: a mità prezzo.

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1 Cfr. S. Zazzera, Dizionario napoletano, Roma 2007, p. 100.

2 Cfr. P. P. Volpe, Vocabolario napolitano-italiano, Napoli 1869, p. 71.

3 Cfr. R. Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, Napoli r. 1966, p. 103.

4 Cfr. A. Altamura, Dizionario dialettale napoletano2, Napoli 1968, p. 102.

5 Cfr. A. Iandolo, Parlare e scrivere in dialetto napoletano, Napoli 2001, p. 125 s.

6 Cfr. G. G. Belli, Tutti i sonetti romaneschi, a c. di M. Teodonio, 2 voll., Roma 1998.

7 Cfr. F. Fochi, L’italiano facile4, Milano 1966, p. 102 ss.

8 Cfr. A. Oliveri, Grammatica lessigrafica della vera lingua napoletana, Afragola 2004.

9 Cfr., ad es., i manifesti di lutto pubblicati da F. Albano Leoni, Quale napoletano nei soprannomi dei defunti?, in I Giovedì della Società Nazionale di Scienze Lettere e Arti e dell’Accademia Pontaniana. Anno Accademico 2016, Napoli 2016, p. 17 ss.; V. Pezza, Monumenti di carta. Morte e forme della memoria sui muri di Napoli, ivi, p. 29 ss.

(Dicembre 2019)