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Attilio Pratella, l'artista   di Antonio La Gala     Come già ho detto in un precedente articolo, mi sono proposto di dedicare a questo pittore due...
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MOGLIE IN VACANZA MARITO IN CITTA’   di Luigi Rezzuti   E’ un’afosa giornata di luglio: la città si è svuotata, la moglie è partita per le vacanze...
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DE STEFANO IN MOSTRA AL MADRE   Giovedì 12 alle 17,30 al Museo Madre si inaugura una mostra di disegni inediti, realizzati da Armando De Stefano già...
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Pittura nel Seicento al Vomero   di Antonio La Gala   Quando si parla di pittori "vomeresi" il pensiero va subito ai protagonisti del mondo artistico...
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Giardini di antiche ville in Campania   di Antonio La Gala     Spesso, nel visitare qualche antica villa napoletana o campana, restiamo colpiti dalla...
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Quale idea di futuro?   di Gabriella Pagnotta     Sanremo – Giù le mani dalla musica dei giovani Ciò che mi preoccupa delle polemiche su Sanremo è...
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Raccontami una storia

 

di Mariacarla Rubinacci

 

   C’era una volta Virus, un re crudele della dinastia Covid 19, che regnava a Corona, un Paese molto lontano. Con la sua tirannia imponeva ai suoi sudditi vari divieti, mortificandolinei loro animi e anche nei loro corpi.

   Era proibito baciarsi, considerando il gesto provocatorio di pesanti sanzioni, lo stesso era per gli abbracci, I rapporti dovevano avvenire alla distanza di un metro almeno, per salutarsi bastava alzare la mano agitandola, oppure toccarsi con il gomito o con il piede. Virus non amava assolutamente le espansioni e le amicizie. Viveva da solo, vagava per le stanze del palazzo, compiaciuto della sua crudeltà. Aveva vietato di riunirsi in gruppi per parlare, commentare, socializzare, tutto si poteva fare solo per via telematica, con telefoni, computer, smartphone. Nel paese non voleva che si aprissero teatri, cinema, bar per prendere un caffè. Imponeva che tutto il paese fosse considerato Zona Rossa, zona interdetta a chiunque, aveva persino messo dei presìdi di poliziotti per far controllare che i suoi editti crudeli venissero rispettati.

   Ma la cosa più grave era che non c’erano scuole, né alunni, né maestri che potessero stare vicini, le lezioni si svolgevano solo on line, con skipe-conferenze.

   Proibiva anche di uscire per fare passeggiate, i sudditi potevano solo andare a fare la spesa ai Super Mercati, sempre, però, a debita distanza, portare il cagnolino fuori per i suoi bisogni, muniti comunque di un pass che dimostrasse dove stessero andando. Virus amava una cosa sola: si affacciava alle finestre del suo castello e gioiva nell’osservare le strade deserte per sentirle silenziose e cupe.

   Aveva anche imposto di portare sul viso una mascherina, perché non si doveva né starnutire né tossire. Se qualcuno avesse avuto questi sintomi, subito era costretto a recarsi nei luoghi predisposti, dove personale chiuso in scafandri bianchi, occhiali protettori e guanti, lo prendeva in consegna e lo chiudeva in camere piene di tubi e apparecchiature che registravano il suo stato fisico. Ne usciva, solo se guarito.

   “Mamma, che storia triste mi hai raccontato. Meno male che un Paese così non esiste, io amo la mia maestra e i miei compagni, è bello andare a scuola, fare le partite a calcetto. Domani sono invitato alla festa di compleanno di Luigi, il mio compagno di banco, ci divertiremo e mangeremo tante cose buone. Pensa se vivevo nel regno di Virus!”

    “Tranquillo, tesoro, è solo una storia inventata, dormi tranquillo, sogna cose belle.”

   La mamma rimboccò le coperte a suo figlio, lo baciò sulla fronte stringendogli caramente la manina, chiuse lentamente la porta della cameretta mentre dal salotto la voce della giornalista, del TG che era in onda, stava dicendo: “Contagiati 9.140……”

(Marzo 2020)

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