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REPORTAGE DALL’UCRAINA “Viaggio tra la gente scampata dalle bombe e i feriti ricoverati in ospedale”   A cura di Luigi Rezzuti   Giovanni e Daniele...
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Nascita della stazione di Napoli Centrale   di Antonio La Gala   Tutti i napoletani, quelli meno giovani, per esperienza diretta, gli altri,...
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Pensieri ad alta voce di Marisa Pumpo Pica   Una favola moderna La zeppola di San Giuseppe e i migranti   Il giorno di San Giuseppe, festa del Papà,...
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La chiesa della Cesarea   di Antonio La Gala   “La Cesarea” è il primo tratto di via Salvator Rosa che sale verso il Vomero dopo piazza Mazzini (il...
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 Su e giù con la morte   Sabato 9 aprile ore 18, presentazione del nuovo romanzo di Luciano Scateni - libreria “Io ci sto”, piazza Fuga (accanto...
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Il poeta del giorno   di Romano Rizzo   Antonino Alonge (Palermo, 20 Settembre 1871 - Milano, 13 Agosto 1958) Poeta e giornalista, visse fin da...
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Storia del Vomero e storia di Napoli   di Antonio La Gala   Fino a poco fa si tendeva a considerare realtà complessivamente diverse quella esistente...
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Spigolature   di Luciano Scateni   “Soy Giorgia, soy mujer…alalà”   La Treccani, Corte Suprema che tutela la ricchezza della lingua italiana, a...
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Raccontami una storia

 

di Mariacarla Rubinacci

 

   C’era una volta Virus, un re crudele della dinastia Covid 19, che regnava a Corona, un Paese molto lontano. Con la sua tirannia imponeva ai suoi sudditi vari divieti, mortificandolinei loro animi e anche nei loro corpi.

   Era proibito baciarsi, considerando il gesto provocatorio di pesanti sanzioni, lo stesso era per gli abbracci, I rapporti dovevano avvenire alla distanza di un metro almeno, per salutarsi bastava alzare la mano agitandola, oppure toccarsi con il gomito o con il piede. Virus non amava assolutamente le espansioni e le amicizie. Viveva da solo, vagava per le stanze del palazzo, compiaciuto della sua crudeltà. Aveva vietato di riunirsi in gruppi per parlare, commentare, socializzare, tutto si poteva fare solo per via telematica, con telefoni, computer, smartphone. Nel paese non voleva che si aprissero teatri, cinema, bar per prendere un caffè. Imponeva che tutto il paese fosse considerato Zona Rossa, zona interdetta a chiunque, aveva persino messo dei presìdi di poliziotti per far controllare che i suoi editti crudeli venissero rispettati.

   Ma la cosa più grave era che non c’erano scuole, né alunni, né maestri che potessero stare vicini, le lezioni si svolgevano solo on line, con skipe-conferenze.

   Proibiva anche di uscire per fare passeggiate, i sudditi potevano solo andare a fare la spesa ai Super Mercati, sempre, però, a debita distanza, portare il cagnolino fuori per i suoi bisogni, muniti comunque di un pass che dimostrasse dove stessero andando. Virus amava una cosa sola: si affacciava alle finestre del suo castello e gioiva nell’osservare le strade deserte per sentirle silenziose e cupe.

   Aveva anche imposto di portare sul viso una mascherina, perché non si doveva né starnutire né tossire. Se qualcuno avesse avuto questi sintomi, subito era costretto a recarsi nei luoghi predisposti, dove personale chiuso in scafandri bianchi, occhiali protettori e guanti, lo prendeva in consegna e lo chiudeva in camere piene di tubi e apparecchiature che registravano il suo stato fisico. Ne usciva, solo se guarito.

   “Mamma, che storia triste mi hai raccontato. Meno male che un Paese così non esiste, io amo la mia maestra e i miei compagni, è bello andare a scuola, fare le partite a calcetto. Domani sono invitato alla festa di compleanno di Luigi, il mio compagno di banco, ci divertiremo e mangeremo tante cose buone. Pensa se vivevo nel regno di Virus!”

    “Tranquillo, tesoro, è solo una storia inventata, dormi tranquillo, sogna cose belle.”

   La mamma rimboccò le coperte a suo figlio, lo baciò sulla fronte stringendogli caramente la manina, chiuse lentamente la porta della cameretta mentre dal salotto la voce della giornalista, del TG che era in onda, stava dicendo: “Contagiati 9.140……”

(Marzo 2020)

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