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Miti napoletani di oggi.78

“MANI SULLA CITTA'”

 

di Sergio Zazzera

 

La formula “mani sulla città” richiama alla mente, in maniera immediata, l’omonimo film di Francesco Rosi; in realtà, però, gli episodi riconducibili a tale etichetta sono stati anche altri.

Innanzitutto, la nascita del Vomero contemporaneo – prima rione (1884-85), poi quartiere (1912) – vi è perfettamente sussumibile, sotto due aspetti che ne svelano il mito. Il primo di essi è quello del riciclaggio: la piemontese Banca Tiberina, infatti, nel chiedere l’autorizzazione del progetto di urbanizzazione della collina vomerese, si proponeva d’investire nell’operazione il danaro dell’ex-Regno delle Due Sicilie, confluito nelle casse di quello di Sardegna, poi divenuto d’Italia. Il secondo, a sua volta, è quello della speculazione: con l’inclusione, infatti, di tale progetto in quello, più ampio, del Risanamento di Napoli, si pretendeva di far considerare destinati alla popolazione di “miserabili”, colpita dallo “sventramento” della città, quegli edifici di edilizia umbertina e quei villini Liberty, che quella povera gente non avrebbe potuto permettersi, non soltanto di acquistare, ma neppure di prendere in locazione.

Quello narrato dal film di Rosi è il secondo episodio di “mani sulla città” e costituisce un coacervo di miti, poiché riassume in sé quello del sindaco Achille Lauro, eletto nel 1952, e del suo entourage, fatto di speculatori, non di rado improvvisatisi costruttori edilizi, dismettendo le loro bancarelle di stracci americani a Pugliano. E l’episodio fu connotato da una filosofia ispirata al principio do ut des del diritto romano, nel senso che il sindaco elargiva licenze edilizie a costoro, in cambio dei pacchetti di voti che essi gli assicuravano.

Un terzo episodio, ancora, è quello degli anni 70-80 del secolo scorso, che diede luogo alla nascita, fra l’altro, del Rione Alto, al cui cospetto via Cilea diventa assimilabile alla 5th Ave. di New York. E qui la filosofia ispiratrice fu l’omologo inverso di quella degli anni di Lauro, poiché furono i costruttori – sia professionisti, che improvvisati – a offrire alle formazioni politiche di riferimento i pacchetti di voti, in cambio delle concessioni edilizie.

Poi, esauritosi il suolo edificabile, si è cominciato a mettere le “mani sotto la città”, con l’operazione – tuttora in atto – di realizzazione di parcheggi interrati, ceduti in godimento, a titolo oneroso, ai privati, per 99 anni, proprio come i loculi cimiteriali: e qui, infine, il mito consiste nel far sentire gli “acquirenti” proprietari di qualcosa, che, viceversa, rimane in proprietà del concedente.

(Maggio 2020)

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