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Miti napoletani di oggi.79

VIA CIMAROSA

 

di Sergio Zazzera


 

Con Aldo Masullo, spentosi il 24 aprile scorso, se n’è andato un altro tassello del mosaico culturale napoletano contemporaneo: lo avevo incontrato l’ultima volta, verso la fine del 2019, nella sede dell’Accademia Pontaniana, e ne avevo apprezzato la lucidità, ancora alla sua età, a dispetto delle – pur comprensibili – condizioni fisiche.

L’idea d’intitolargli lo spazio antistante alle scale di via Cimarosa, dove egli amava soffermarsi durante le sue passeggiate, ha determinato la nascita di una sorta di “partito di opposizione”, che motiva la propria avversione col fatto che l’articolazione unitaria di via Cimarosa – da via F. P. Michetti a via Aniello Falcone – ne risulterebbe interrotta, dando luogo anche a una forma di “crisi d’identità” nei residenti del posto, abituati a dire di abitare in via Cimarosa.

Invito, perciò, il gentile (e paziente!) lettore a fare con me quattro passi attraverso la città, in cerca d’illustri precedenti.

Parto proprio dal Vomero, con via Bernini, che, lungo il suo percorso da via Cimarosa (proprio) a piazza Fanzago incontra piazza Vanvitelli, la più ampia del quartiere.

Poi mi trasferisco altrove: corso Umberto, che da piazza Garibaldi a piazza Bovio attraversa piazza Nicola Amore, e corso Garibaldi, che da via Marina a piazza Carlo III s’imbatte in ben quattro di esse: piazza Guglielmo Pepe, piazza Garibaldi, piazza Principe Umberto e piazza Volturno.

Mi si dirà che in tutti questi casi la numerazione civica delle piazze è autonoma, rispetto a quella della strada, mentre nel caso di via Cimarosa essa rimarrebbe immutata, pur con la variazione della toponomastica. E, allora, vi invito a venire con me in piazza Quattro Giornate, che era un tratto di via Gemito e che, pur dopo aver cambiato denominazione, ha conservato la numerazione di palazzi e botteghe.

Ora, posso capire anche che il buon Masullo possa essersi reso antipatico a taluni (magari, suoi ex-allievi, bocciati, sicuramente perché impreparati), ma celare tale antipatia dietro le motivazioni di cui sopra è falso linguaggio, cioè mito.

(Giugno 2020)