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Hello Napoli

 

di Mariacarla Rubinacci

 

   Anya, dai capelli ramati, l’incarnato candido come porcellana, gli occhi del colore terso del cielo dell’Irlanda, con un volo diretto Dublino - Genova aveva raggiunto la nave da crociera, che l’avrebbe portata a Napoli.  La tappa tanto sospirata era ormai all’orizzonte. In prossimità del porto, la nave avanzava lentamente, le eliche schiumavano le acque calme dell’approdo. Affacciata al balcone del ponte su cui era la sua cabina, Anya sentiva il brivido della brezza della sera che le sfiorava le labbra e l’odore salmastro che le invadeva le narici, mentre le luci di Napoli filtravano attraverso le tende della finestra. Si era preparata a visitare la città. La cultura di cui si era alimentata era imbevuta di racconti fiabeschi, di leggende degli antichi Celti dove incantesimi trasformavano i figli del sole in cani per sorvegliare la casa del gigante. Ma lo studio di architettura all’Università le aveva fatto conoscere le chiese della Napoli Sacra e si era sentita rapita dal fascino dello stile barocco con la ricchezza dei suoi stucchi. Tra i monumenti che aveva studiato, le chiese, che le apparivano tanto differenti dalle austere cattedrali irlandesi dalle pareti in pietra e dalle guglie così alte da volere sfidare il cielo.

   Era scossa da un forte brivido di emozione. Per un’intera giornata, dal mattino dello sbarco fino alla sera, al rientro sulla nave, avrebbe visitato la città. Vista dal mare, Napoli le appariva come un libro illustrato per bambini, dove i pop-up si alzano dalle pagine per affascinare. La maestosità  del castello di Sant’Elmo sembrava volesse abbracciarla, il rosso pompeiano della Reggia di Capodimomte le invadeva lo sguardo, mentre i palazzi moderni, arrampicati sulla collina del Vomero, le facevano immaginare tanta vita.

   L’escursione era iniziata dalla piazza di San Domenico Maggiore. Svoltando a destra, ecco il palazzo di Sangro di Sansevero, dove aveva abitato il principe alchimista e scienziato che aveva lasciato alla vista dei visitatori i suoi esperimenti sul corpo umano. Il Cristo Velato le aveva imposto la necessità di pregare.

   Si era avviata, poi, tra i vicoli e le strade tortuose, che risalgono la collina come serpenti striscianti. Aveva fermato lo sguardo sulle alte facciate dei palazzi d’epoca che la guardavano come volti resi rugosi dagli intonaci scrostati da dove occhieggiava il tufo giallastro. Molti momenti di vita quotidiana le avevano offerto lo spettacolo gratuito di uno scenario ammaliante e nuovo per i suoi occhi. Una giovane donna incinta poneva nella borsa della spesa un cartoccio, grondante di pesciolini guizzanti e lucenti come l’argento, più in là un garzone era attento a non far cadere il vassoio su cui erano in bilico tazzine di caffè fumante. Mentre arrancava lungo la salita, una voce alle sue spalle l’apostrofò : “ Siete fortunata signorì che non piove, vedete, le saittelle sono appilate, quando piove qui scorre la lava…”  Le era sembrato un canto, ne aveva percepito il suono, ma non le parole.

   La giornata volgeva ormai alla fine, la guida le aveva fatto anche assaggiare la famosa pizza, tanto amata da tutti e dai turisti, che solitamente si vantano di conservarne ancora il sapore. La magia della città aveva incantato la giovane irlandese. Il cielo si stava tingendo del rosso del tramonto, il golfo era striato dalle scie delle barche, che rientravano verso il porto di Mergellina, sulla collina si accendevano le luci alle finestre dei palazzi. Sembravano lucciole nella notte. Appoggiata al parapetto del balconcino della cabina, Anya salutava la città. Il transatlantico volgeva la prua al largo. Immaginava che anche la città la stesse salutando con una leggera brezza che le scompigliava la chioma color del rame, mentre la luna, qui “sempre piena e sempre tonda”  spargeva l’argento fra le onde.

   Sulle labbra una tremula parola : “ …ritornerò…

(Ottobre 2020)