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SETE, di Amélie Nothomb

 

di Luigi Alviggi

 

 

Sorprendente e geniale l’idea fulcro dell’ultimo romanzo della Nothomb: passare la notte prima del martirio, il giorno del supplizio, la crocifissione e il dopo, con il Signore Gesù immaginando come essi possano essere trascorsi nella mente e nei ricordi del Dio fattosi uomo.

La narrazione rispetta gli aspetti divini dalle Sacre Scritture ma l’Autrice, audacemente, si prende delle libertà rispetto al Nuovo Testamento. Non dimentichiamo che esiste un precursore - “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” (1991) di Saramago - nel quale il Cristo è quasi vittima di un Dio che non ha chiarito i Suoi scopi al Figlio, prima di inviarLo nel mondo. Amélie va certo a fondo in campi non ortodossi per i canoni evangelici, questo va chiarito per evitare contrarietà nel lettore ignaro. Il testo è una specie di vangelo autobiografico, narrato in prima persona, indagando nei pensieri di una mente “umana” a tutti gli effetti.

Vengono, cioè, posti in luce dettagli diversi “ignorati” dai testi sacri e, in ultima analisi, si avvicina la Sua figura a quella di un comune essere umano, rendendoLo ancora più misericordioso e amorevole verso il “prossimo”, col quale è entrato in contatto e che non esita a caricarlo di colpe inesistenti, di concorso nella decisione di Pilato per la condanna a morte. Queste accuse provocano una forte afflizione in Gesù: è il caso, per esempio, della rassegna dei miracolati presenti al giudizio che, per un verso o per l’altro, Lo incolpano di danni sofferti a seguito della grazia che ha compiuto a loro beneficio. Sono poi evidenziate la personalità di Giuda e i suoi rapporti con gli altri apostoli e l’indagine si fa intensa sulla figura di Maria Maddalena - amabile come “un bicchiere d’acqua quando stiamo morendo di sete” -, coprotagonisti poco esplicitati nei testi sacri.

L’uomo Gesù è tormentato e le ultime ore di vita dimostrano la Sua totale partecipazione a ogni debolezza umana. Il sacrificio assume valore ancora più elevato portando al merito eccelso il martirio che l’uomo-Dio ha subìto per noi. Singolare è la distinzione operata nella narrazione tra una “scorza” e il suo interno. Cristo afferma che, per ogni miracolo compiuto nell’approvazione del Padre, è ricorso a una scorza, un rivestimento che copre la Sua fisicità e ne rimane per certi versi distinta.

Amélie Nothomb (Giappone, 1967), scrittrice belga, ha girato molto in Asia e in America, da giovane. al seguito del padre diplomatico. Pluripremiata, il suo primo lavoro è stato già un successo: “Igiene dell’assassino” (1992) esce in Francia, dove ora vive stabilmente. La vicenda: un premio Nobel della letteratura confessa, nella sua ultima intervista, un omicidio compiuto anni prima. “Sete”, del 2019, è il suo 28° romanzo, arrivato secondo al Premio Goncourt 2019. La Nothomb ha la bravura di sfornare un libro nuovo all’anno. L’approccio narrativo è incisivo, asciutto come sempre, e serrato il ritmo della vicenda. La foto in copertina, come al solito, raffigura l’Autrice oggi.

Perché questo titolo? L’esperienza terribile della “sete” serve a sviare la mente del Signore dalle indicibili sofferenze inflitte al corpo nelle fasi del supplizio. È il sollievo utilizzato per stornare lo strazio dei tormenti del martirio subìto: il peso che grava su mani e piedi, trapassati da chiodi che lacerano la carne, la spossante stanchezza, cumulata nell’impervia salita sotto la pesante croce, la sorte senza speranza che sa attenderLo inesorabile. Il patimento generato dall’arsura funziona quindi da diversivo a questa tortura enorme, smorzando le sofferenze inflitte dagli aguzzini.

La sete, che mi ero conservato come arma segreta, si riaffaccia in me. È stata un’idea eccellente. Il tormento estremo della gola mi permette di uscire dall’orrore dei corpo straziato, il mio stato di arsura porta in sé una sal­vezza concreta.

 

In una rigorosa ortodossia dobbiamo rimproverare alla Nothomb l’avere troppo distinto nel Cristo incarnato l’uomo dalla Sua sostanziale essenza divina. In qualche punto il primo si pone in contrasto, per non dire in opposizione, con il Padre per le scelte da Questi compiute e per il mostrarsi, in certo qual modo, estraneo alla Sua stessa sostanza. Ma, come credo possiamo concordare tutti, la creazione letteraria è ben distinta dalla precisa ripetizione di quanto accaduto nella realtà e tramandato nella Storia Sacra, narrata dai nostri precursori...

Per provare la sete, occorre essere vivi. Io ho vissuto così intensamente da morire assetato.

Forse è proprio questa la vita eterna. 

Amélie Nothomb: Sete

traduzione di Isabella Mattazzi

Voland, 2020 – p. 128 - € 16,00

(Gennaoio 2021)

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