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Miti napoletani di oggi.85

EVEMERISMO NAPOLETANO

 

di Sergio Zazzera

 

Evemero di Messene del Peloponneso è un mitografo, vissuto fra il IV e il III secolo a. C., sostenitore della dottrina, secondo cui gli dei altro non sarebbero, che uomini eccezionali, divinizzati dai loro contemporanei e dai posteri, proprio per tale loro eccezionalità.

Non si pensi, però, che tale fenomeno fosse peculiare dei suoi tempi: ancora oggi, infatti, a Napoli ci s’imbatte in episodi di “santificazione laica”, quanto meno, sconcertanti, ai principali dei quali intendo fare cenno qui di seguito.

1.- Totò. Del “Principe della risata” mi sono già occupato, per altro verso, da queste (web-)pagine. La considerazione “evemeristica” del personaggio dev’essere ravvisata, non tanto nelle manifestazioni di isterismo collettivo che ne accompagnarono il funerale napoletano, celebrato nella basilica del Carmine Maggiore, quanto in quello “finto” – a bara vuota –, svoltosi nel suo quartiere della Sanità e nella sua “santificazione laica”, mediante pseudoedicole devozionali: sarebbe stato preferibile – perché più serio – affidarne la memoria cittadina a monumenti, come quello del Rione Alto, e a quel museo, che non si sa se vedrà mai la luce.


2. Pino Daniele. Non v’è dubbio che il grande merito del musicista, prematuramente scomparso, sia stato quello d’innovare la musica napoletana, mediante composizioni che rivestono di note d’ispirazione americana i testi dialettali (diversamente da James Senese, che “napoletanizza” musiche dalla struttura autenticamente americana). Ciò non toglie che pretendere di collocare il suo enorme ritratto, progettato dall’artista Jorit, sulla facciata del palazzo delle Ferrovie, in piazza Garibaldi, opera di Pierluigi Nervi, avrebbe snaturato un’opera architettonica che, per quanto non sottoposta a vincolo, ha pur sempre una sua connotazione complessiva, alla quale qualsiasi commistione (foss’anche mediante un’opera di Leonardo o di Michelangelo) potrebbe soltanto nuocere.

3. Maradona. Anche del campione recentemente scomparso mi sono già occupato, per altro verso, da queste (web-)pagine. Individuo la sua esaltazione evemeristica negli episodi verificatisi nei giorni immediatamente successivi alla sua dipartita; e non tanto negli assembramenti nei pressi dello stadio, con deposizione di fiori, lumini e quant’altro possa assicurare, nell’immaginario popolare, il suffragio ai defunti, quanto, soprattutto, nella celere intitolazione a lui dello stadio medesimo, sostituendo il suo nome a quello di Paolo di Tarso. In proposito, si rifletta: gli assembramenti si sono svolti in assoluta violazione dei protocolli anticovid; l’intitolazione ha violato, a sua volta, la normativa sull’osservanza dei termini in materia. E mi si consenta di ricordare che a Milano gl’incontri di calcio si giocano nello stadio “Meazza - San Siro”: dunque, che cosa vi sarebbe stato di male a dare a Napoli uno stadio “Maradona - San Paolo”? Tanto più che il santo passò dalle nostre parti, per recarsi a Roma, a subire il martirio; il campione, viceversa, venne – e si fermò – per “fare soldi” (come si dice dalle nostre parti).

(Gennaio 2021)