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Pensieri ad alta voce

di Marisa Pumpo Pica

 

Io ti salverò

 


Ricordate quel celebre film del 1945, Io ti salverò, diretto dal regista Alfred Hitchcock? Titolo originale Spellbound: incantato, ammaliato, termine significativo per indicare il fascino dell’innamoramento. La pellicola, interpretata con altrettanto fascino e bravura da Ingrid Bergman e Gregory Peck, giunta in Italia nel 1947 ed accolta con vivo consenso di pubblico e di critica, rimane uno dei capolavori della filmografia mondiale.

A parte il valore che riveste per il suo sottofondo onirico e psicologico, questo film rappresenta anche uno di quei rari momenti, in cui tre personalità eccellenti del tempo si unirono a lavorare attraverso tre forme d’arte dal respiro più popolare, rappresentate da Musica, Cinema e Pittura. Insieme, diedero vita a qualcosa che poi passò alla storia. Miklos Rozsa, Alfred Hitchcock e Salvador Dalì, tre personalità dal carattere forte, che, come opportunamente è stato detto, “riuscirono a limare il proprio orgoglio individuale in nome dell’arte.”

Non è certo così che sono andate le cose, nei giorni scorsi, nel Parlamento italiano nel quale, pur professando ciascuno, a gran voce, di volere soltanto il bene della nostra comunità, non si è riusciti a superare una crisi, senza dubbio inopportuna, non fosse altro perché sopraggiunta nel pieno di una pandemia.

Un accostamento, il nostro, solo per contrasto tra il film e la realtà.

Io ti salverò era una romantica storia d’amore dal fascino irripetibile. Noi siamo, invece, dinanzi ad un estremo tentativo di salvataggio di un’Italia alla deriva, dove non c’è più la politica, scomparsa dietro la nebbia di incontri a tavolino, sotterfugi, compromessi, rivalità fra partiti ed uomini, odi personali ed implacabili, trattative, segrete e palesi, su ministeri e ministri. Scenari assurdi ed inimmaginabili per chi si trova nel pieno di una pandemia sempre più agguerrita e cruenta. Un’offesa ai tanti morti, a quelle tombe sui camion militari, in attesa di sistemazione, che non potremo facilmente dimenticare.

Con queste immagini negli occhi, come si può pensare, e noi capire, una crisi al buio, avviata da chi, con sapiente arzigogolare, professa di volere il bene del Paese? Da chi, proditoriamente, asserisce che non c’è nulla di personale contro il Presidente del Consiglio, ma che è importante discutere di “nodi problematici” e, mentre spara nell’accampamento amico, si riserva la mossafinale: tirar fuori l’asso dalla manica, il Draghi dalla manica, in comunanza d’intenti con la silente opposizione…

In questa sede, per quel che può contare, ci preme altresì riconoscere al Premier uscente, Giuseppe Conte, l’impegno umano, politico e personale con cui ha guidato il Paese nella battaglia contro un nemico ignoto, una pandemia, che ci ha colpito con particolare irruenza e virulenza. Degna di plauso è stata anche la sua temporanea uscita di scena, nella quale ha mostrato un grande senso dello Stato e la capacità di una scelta responsabile.

Nessuna irriverenza, nel nostro titolo, nei confronti del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che altro non avrebbe potuto fare, in questa congiuntura, dinanzi ad un Parlamento litigioso, maldestro e poco consapevole di quanto diversa debba essere una politica, pronta a spendersi per il Bene del Paese.

E nessuna mancanza di riguardo o di fiducia neanche nei confronti di Mario Draghi, Presidente del Consiglio incaricato che, a breve, dovrà sciogliere la riserva e formare il nuovo governo. Non c’è dubbio che lo attende un compito molto gravoso.

Come si appuntano sull’albero di Natale i bigliettini dei propri sogni, così gli Italiani, in questi giorni di attesa, sognano di “appuntare” sul nuovo Premier tutte le loro speranze. E non a torto, in quanto Mario Draghi non ha solo un bagaglio enorme di conoscenze in materia bancaria ed economica, ma è anche un politico sagace ed accorto. Qui, però, non sono in discussione le innegabili capacità di un uomo che ha salvato l’euro e l’Europa e potrà essere sicuramente in grado di salvare l’Italia in questo momento così difficile. Il problema non è Mario Draghi, uomo affermato e di prestigio, con un carisma ed una carriera accademica altamente qualificata, caratterizzata da un forte impegno e da meritati riconoscimenti in Europa e nel mondo.

Verso di lui ben a ragione, dunque, si nutrono grandi speranze di rinascita e, tuttavia, noi non possiamo nascondere a noi stessi la sfida ardua che egli si trova, oggi, ad affrontare e che ha accettato con grande senso di responsabilità ed impegno personale e professionale.

Quando i nemici ci combattono a viso aperto, la vittoria può essere difficile, pur se non impossibile. Ma, nell’apparente clima di redenzione, nell’attuale scenario della catarsi che era il naturale epilogo della tragedia greca, riuscirà Draghi a soffocare e sventare sotterfugi, manovre, giochi di corridoio e sortite varie dei numerosi parlamentari, poco avvertiti della complessità e del senso aulico della parola politica?

Sarà disposto a tollerare, senza fastidio, il linguaggio di una patriota, ieri troppo spesso fiorito di contumelie e gonfio di risentimento nei confronti dei parlamentari di opposto schieramento, di una patriota che oggi si dichiara pronta ad approvare “provvedimenti consoni al bene del paese” e lo fa - miracolo dei miracoli - con accenti temporaneamente e dolcemente modificati, mentre resta in corner, in maestoso isolamento, in attesa di sviluppi ed eventi significativi per i suoi programmi?

Riuscirà a cogliere le nascoste qualità di un leader di partito che, tra Metamorfosi di ovidiana memoria, Giuramento di Pontida e citazioni di Giovanni Paolo II, svicolando improvvisamente da inaspettati corridoi umanitari, sembra accennare, senza peraltro proporsi come ministro, alla possibile creazione di un ministero per i disabili, che gli “stanno molto a cuore”, ora, più di quanto non lo siano stati i migranti in balìa delle onde? Oggi europeista dichiarato, quanto ieri sovranista convinto.

Mario Draghi, un Italiano, ancorato organicamente e strategicamente all’Europa, saprà muoversi, altrettanto bene come in Europa ed in America, in questo piccolo mondo di un’Italietta smarrita, alla ricerca di una sua passata e gloriosa identità culturale?

Potrà finalmente attuare una svolta significativa per porla sulla strada della conquista del rispetto di sé e della consapevolezza della sua dignità?

Noi di certo lo vogliamo e non possiamo che augurarcelo ed augurarglielo. Di cuore.

(Febbraio 2021)

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