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Giovanni Panza, pittore  senza problematiche

 

di Antonio La Gala

 

Giovanni Panza (Miseno, 1894-1989), teorizzava che la vita di ogni persona è determinata ineluttabilmente da un suo personale destino. Forse perché era cosciente di quanta importanza ebbe nella sua vita la circostanza di essere nato in una famiglia di artisti, poeti e pittori in particolare. Infatti era nipote di Salvatore (1861-1906) e Luca Postiglione (1876-1936), a loro volta figli del pittore Raffaele.

Cominciò a dipingere usando i pennelli che le sorelle dello zio Salvatore avevano conservato quando questi era morto. L'altro zio, Luca, vedendo i suoi dipinti, lo iniziò all'arte.

Panza è un artista particolarmente caro ai vomeresi, per essere vissuto e aver dipinto sostanzialmente sempre nel quartiere collinare. Negli anni Venti lo troviamo abitare in via Luca Giordano, 121 e avere lo studio, assieme ad altri, a San Martino, nel fabbricato dove troviamo allineati da sempre noti negozi di oggetti di corallo. A metà degli anni Trenta trasferì abitazione e studio ad Antignano, in un' ampia casa all'interno della secolare villa Pontano. Quando, dopo essere rimasto vedovo, si risposò, andò ad abitare, negli anni Sessanta, in via Solimena, nel palazzo poi  il megastore "Fnac", e poi altro ancora, trasferendo lo studio vicino casa, in via Luca Giordano, nella palazzina liberty  che fa angolo con via Pitloo. In alcuni suoi discendenti che vivono al Vomero si riconoscono i bambini che Giovanni Panza prese come modelli per i suoi quadri.

Partecipò alla prima guerra mondiale, in cui restò a combattere per 41 mesi. Ne guadagnò una pensione che, negli ultimi tempi della sua vita, si aggirava sulle 30.000 lire. Si racconta che egli andasse a riscuoterla all'ufficio postale noleggiando un’auto di un certo tono (una Fiat "124"), con autista.  

Scrive di lui il critico Piero Girace: "Bonario, conviviale, incline alle commozioni improvvise e agli entusiasmi, nel suo volto largo, fra notarile ed episcopale, affiorano le sue emozioni. Non briga. Non partecipa a premi di pittura. E' un indipendente, fuori delle conventicole, vive della sua arte".

Oltre che pittore Giovanni Panza fu, come lo zio Luca, anche poeta e scrittore.

In pittura rimase fedele ai temi e allo stile della corrente romantico-naturalistica, ricalcando la tradizione figurativa della scuola napoletana dell'Ottocento, ereditata dai Postiglione.

I soggetti rappresentati da Panza, paesaggi, figure, strade, ecc., che egli traeva dalla vita quotidiana, si percepiscono con immediatezza, senza faticosi sforzi interpretativi, perché, come scrive Alfredo Schettini, il più grande conoscitore della pittura napoletana, Giovanni Panza rifuggiva dalle complesse e cervellotiche cosiddette "problematiche" dei movimenti a lui contemporanei.

Ancora Schettini osserva che nella rappresentazione dei soggetti egli "si poneva  in termini essenzialmente tecnico-formali, in relazione ai modi compositivi, al rigore del disegno, ai valori tonali", sapendo ben scegliere l'angolo di veduta, le luci e le ombre, l'inquadratura e il taglio dei suoi soggetti. "Né va dimenticato (prosegue Schettini) il valore documentario di non poche testimonianze pittoriche, laddove l'artista (innamorato e memore di una città ormai quasi interamente affidato ai ricordi), ha inteso evocare luoghi e persone, situazioni e costumi per i quali Napoli di una volta si caratterizzava in termini di inconfondibile unicità. E al servizio di queste rimembranze egli pone le sue esperienze pittoriche per esprimere sentimenti di poeta con ataviche sensualità coloristiche".

L’immagine che accompagna questo articolo raffigura un particolare di piazza Vanvitelli.

(Giugno 2021)