• Stampa

 LA NAVE CHE AFFONDO’ IN UN MARE DI STRACCI

 

di Luigi Rezzuti

 

Quella lettera sembrava le bruciasse le dita. Assuntina, una popolana napoletana l’aveva letta una decina di volta per capire quello che le faceva scoppiare il cuore. Portava la data del 3 marzo 1892 e Vincenzino l’aveva spedita da Civitavecchia.

Sto caricando balle di stracci - scriveva – poi dovremo fare scalo a Cagliari e finalmente a Genova. Rimarrò a bordo ancora una settimana ma dopo verrò a casa. Aspettami” Quando Vincenzino le aveva parlato degli stracci, mesi prima, Assuntina si era molto stupita.“Credevo sapessi – le spiegò Vincenzino – li stendono a terra negli uliveti e, marcendo diventano un ottimo concime per gli alberi”Assuntina era troppo felice, Vincenzino arrivava a casa e, se avesse mantenuta la promessa, tra due si sarebbero sposati.Lui era il comandante della nave, anche se era giovane per quel compito, doveva ancora compiere Trentacinque anni.Gli armatori della nave, lo avevano imbarcato non appena aveva completato gli studi al Nautico, era cresciuto sulle loro navi ed era diventato il comandante più giovane della compagnia, ed Assuntina ne era molto orgogliosa.Guardava il mare e l’orizzonte non appena ne aveva l’occasione pur sapendo che non avrebbe potuto vedere la nave, perché non sarebbe sicuramente passata li davanti prima di due mesi e Assuntina, dalla sua casa al borgo marinaro, non l’avrebbe potuta avvistare con anticipo che le avrebbe permesso di arrivare al porto in tempo per lo sbarco del suo amato.

La sera del 6 aprile decise di andare a dormire prima del solito, non voleva rischiare di essere ancora a letto mentre la nave sfilava sul lungomare di Napoli. Non riuscì ad addormentarsi, sentì il campanile battere le ore anche dopo a mezzanotte, poi, finalmente il sonno ebbe ragione sula sua eccitazione.

Il sole era appena sopra l’orizzonte che Assuntina era già in piedi. Si affacciò alla finestra, era una giornata meravigliosa come soltanto aprile sapeva offrire, il mare era calmo e splendeva sotto il sole. Le condizioni migliori, pensò, perché la nave potesse avvicinarsi a terra. “La mia nave fa tranquillamente gli undici nodi – le aveva spiegato Vincenzino con orgoglio – ma, ad elica ferma, posso andare più piano”Lei non aveva capito molto ma non le importava. Si allontanò dalla finestra, doveva decidere quale vestito indossare al suo arrivo ma non ebbe dubbi, doveva scegliere il più bello, quello della festa.

Alle 10,00 non riuscì più a rimanere in casa, Vincenzino stava per sbarcare, uscì dal portone nel vicolo e si avviò sul lungomare. Arrivò in un grosso spiazzo e decise di fermarsi. Il tempo sembrava essersi fermato ma erano le 11,00 quando avvistò un filo di fuma all’orizzonte. Quella nave non poteva essere che quella di Vincenzino. Ad un certo punto si accorse che finalmente puntava a terra. si, poteva essere Vincenzino anzi, doveva essere lui. Vedeva la prua che spingeva una corona di spuma bianca ma non riusciva a leggere ancora il nome. La nave era nera con una striscia rossa proprio come le aveva spiegato Vincenzino e soprattutto si avvicinava a vista d’occhio ma non aveva la prua verso il porto ma verso ponente. Assuntina comprese che il suo amore aveva deciso di sfilare proprio davanti a lei e, per questo, avrebbe dovuto virare per far vedere la fiancata sinistra. La grande nave nera era sempre più vicina tanto che riuscì a vedere il nome a grandi lettere bianche che spiccavano ai due lati della prua. Scrutò la tolda e lo vide, Vincenzino era sull’aletta di sinistra con una bella giacca blu da comandante e, con una mano sventolava un fazzoletto bianco mentre teneva un binocolo con l’altra. Assuntina sollevò le braccia mentre lacrime di felicità scendevano sul suo volto. “Vincenzino! Vincenzino” gridò mentre piangeva. Il suo grido si infranse contro un rumore di ferraglia che la turbò. E neppure riuscì a capire se proveniente dalla nave che continuava a muoversi verso ponente, mentre Vincenzino la guardava con il binocolo. La nave rallentò e si inclinò vistosamente, vide il suo fidanzato correre sul ponte inclinato e scomparire all’interno della timoneria. Notò la prua spostarsi verso il largo mentre quel rumore sinistro ed inquietante continuava a stridere nelle sue orecchie e la nave era sempre più inclinata. “Possibile che abbia urtato uno scoglio?” Si domandò Assuntina che, pochi attimi prima era passata dall’eccitazione allo sgomento “No, no, non può affondare proprio adesso”. La nave, intanto, aveva virato e sembrava dirigersi verso il largo con la poppa rivolta a terra. Ma, ad un certo punto, si fermò di colpo, Assuntina cercò di capire, prima c’era stato l’urto contro il basso fondale passando davanti al lungomare, poi Vincenzino aveva cercato di portare la nave verso il largo per evitare danni più gravi. La ciminiera assurdamente inclinata lasciava ancora andare del fumo nero. La poppa stava sprofondando sempre di più mentre veniva calata una sola scialuppa. Si vedevano uomini salire su quella barca, doveva essere l’equipaggio al completo altrimenti avrebbero messo in acqua anche l’altra scialuppa. Vincenzino aveva capito che la sua nave era persa e aveva dato l’ordine di abbandono. Sulla scialuppa carica di marinai, diventati naufraghi, misero i remi in acqua e cominciarono ad allontanarsi dalla nave   con la tolda ormai vicina all’acqua. Assuntina, però, si tranquillizzò quando vide il suo Vincenzino a bordo della scialuppa che si dirigeva verso l’approdo più vicino. Un’esplosione e poi un rombo la fecero sobbalzare e distogliere la sua vista dalla scialuppa, l’acqua aveva ormai circondato il fumaiolo che continuava ad eruttare quel denso fumo nero. La nave sembrava sussultare in un’assurda agonia e, con l’ultima esplosione scomparve. Al suo posto, a pelo d’acqua c’erano alcune balle di stracci colorati. Finalmente Vincenzino sbarcò e Assuntina si lanciò tra le sue braccia per baciarlo.

Circa un secolo e mezzo dopo, un certo comandante “Schettino” per fare l’inchino urtò quel “cazzo di scoglio!” e la nave da crociera affondò miseramente. Da quel giorno lo scoglio che aveva generato l’agonia della nave di Vincenzino ebbe un nome “‘O scoglio d’’a munnezza” che rimandava a quel suo carico di stracci e a quell’assurdo naufragio.

(Gennaio 2023)