Miti napoletani di oggi.4
La canzone neomelodica
di Sergio Zazzera
Il genere musicale “neomelodico” è sostanzialmente ignorato dai saggi di storia della canzone napoletana, i quali provano ritegno addirittura ad attribuirgli questa denominazione: Pasquale Scialò si limita a menzionare Nino D’Angelo, il quale tenderebbe «alla modernizzazione delle tematiche tradizionali attraverso il racconto di storie quotidiane, in gran parte legate alla fascia giovanile»; Vittorio Paliotti lo liquida affermando che «i ragazzi di borgata, coi loro tragici problemi, sono i protagonisti delle canzoni di Nino D’Angelo e, più tardi, di Gigi D’Alessio e di Gigi Finizio».
Il linguaggio dei testi delle canzoni del genere “neomelodico” consta di un’alternanza di parole della lingua italiana e di altre di quella napoletana. Si tratta, in realtà, d’una manifestazione circoscritta agli ambienti giovanili di periferia, che ne rispecchia le modalità di comunicazione verbale, in cui alla parlata napoletana d’uso quotidiano/domestico si affianca l’ostentazione della superficiale cultura acquisita attraverso la saltuaria, quanto forzata/sgradita, frequentazione dell’istituzione scolastica: ed è proprio da ciò ch’emerge il falso linguaggio del “mito di oggi”, che anche in questo caso assume la configurazione barthesiana del mito “di proiezione”. Anche qui, infine, come nella forma teatrale-“sceneggiata”, le canzoni di soggetto “guappesco” costituiscono soltanto la degenerazione del genere musicale originario, la cui affermazione si ritrova imposta da un pubblico di fruitori che, per contiguità e talora anche per appartenenza alla criminalità organizzata, inducono compositori e artisti a farsi corifei delle loro imprese.