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IL FESTIVAL DI SANREMO

                                                                              

di Mariacarla Rubinacci

 

Ne parlano tutti, in qualsiasi canale della televisione si clicchi, si ascolta qualcuno che …bla-bla- bla, parla del Festival della Canzone Italiana, del carrozzone popolare che impegna l’audience nazionale. Ne parla, lo commenta, lo analizza opinando, lo spia per scoprirne dettagli, e poi ...lo snobba. Lo fa schernendosi, come se si vergognasse di seguirlo. Magari invece lo fa, lo segue, eccome!, altrimenti come farebbe a trovarne i difetti e l’inutilità? Lo spia nascosto dietro l’angolo del suo salotto di casa, dove la famiglia, al contrario, è scompostamente spaparanzata sul divano a godersi, incollata allo schermo del televisore panoramico, lo sfavillio delle luci del palcoscenico dove note su note si alternano nella competizione della gara “nazional popolare”.

Il festival è un bel pacchetto regalo, da scartare lentamente fino a che non superi la mezzanotte, ogni anno è lì a farsi aprire e scoprire cosa stia per offrire. E’ un regalo pieno di fantasia, di fragilità, di timidezza, di energia, di parole, di messaggi, di senso sociale, di quotidianità, che però non fanno più rima con “amore e cuore”, ma offrono sfide all’analisi mentale di chi ascolta e si ritrova nei concetti musicalmente espressi. Oggi il festival è una vetrina sull’oggi tormentato, soprattutto vissuto dai giovani, è il parlato che usano quando si incontrano, magari sorseggiando uno spritz.

Allora il loro non è più un becero bla-bla-bla, le parole sono invece cariche di significato e di fatica di crescere, di speranza che qualcosa cambi, quel qualcosa di brutto che li circonda, fatto di guerre, il brutto del bullismo, il brutto del razzismo, il brutto di ribellione violenta, il brutto di non saper amare, il brutto che la Natura stessa butta loro addosso, con i cambiamenti climatici, le pandemie, i terremoti, il brutto della povertà. E’ la loro vetrina che andrebbe commentata solo attraverso il loro punto di vista, è un giornale da sfogliare per vedere documentata la loro realtà. Al contrario, spesso il parlottare che si legge negli editoriali, che si ascolta nei talk show televisivi è l’espressione di chi ha qualche capello bianco e che ha dimenticato quanto sia cambiata la Storia, quanto fosse stato più facile crescere anche solo qualche decennio passato.

Beh, anch’io ho quel capello che si sta tingendo di bianco, per cui ho fatto il mio bla-bla-bla, ho espresso la mia opinione, ho partecipato al salotto di chi sta leggendo, ma ...chiudo dicendo “W Sanremo”.

(Febbraio 2023)