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I CAMPI FLEGREI TREMANO   di Luigi Rezzuti   Negli ultimi mesi le scosse di bradisismo sono in aumento e preoccupano la popolazione residente....
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Ritrovare la memoria   di Gabriella Pagnotta   Giorni fa sono rimasta colpita da un articolo di Enzo Bianchi su uno dei mali del nostro tempo che...
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INDRO MONTANELLI, TRA “MONUMENTI” E “FACCETTE NERE”   di Sergio Zazzera   Premetto che con Indro Montanelli ho avuto, da una cinquantina d’anni a...
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 SEGNALIBRO   LIBRI Da leggere   Parole. Estranee al linguaggio corrente, definite con dotta competenza dalla Treccani: ‘Ipotiposi’, ‘persiflage’,...
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SEGNALIBRO

a cura di Marisa Pumpo Pica

L’antenna del cuore

di Colomba Rosaria Andolfi - kairòs edizioni

 

 

 

Un libro di racconti avvincenti, per le ragioni che andremo  a chiarire. E speriamo di riuscirvi. Questa volta, però, partiremo dallo stile, prima che dai contenuti, trattandosi appunto non di un romanzo ma di una serie di racconti, tenuti insieme da un filo conduttore, che ugualmente tenteremo di porre in luce, E ciò perché, mai come in questo caso, lo stile, la forma letteraria diventano di primaria importanza,

Lo sono sempre, ma in particolare per il genere letterario del racconto, Qui, tuttavia, non è il caso di sconfinare nel rapporto fra stile e genere letterario, in quanto il discorso ci porterebbe molto lontano e non sarebbe di giovamento né al libro, né all’autrice. Tralasciando, dunque, disquisizioni critico-letterarie, che tanto piacciono a qualcuno, ma dalle quali noi rifuggiamo, entriamo subito nel merito, nello specifico. Lo stile, dicevamo. Questi racconti sono scritti in una forma scorrevole, essenziale, senza sbavature, né fronzoli retorici, anche là dove magari la materia avrebbe potuto prestare il fianco. Il che accade, talvolta, quando qualche autore si lascia prendere la mano, eccedendo in sottolineature, che diventano sdolcinature sentimentali e creano soltanto ingombro. Le sottolineature, invece, proprio in quanto sottolineature, se stanno a cuore all’autore, devono avere un taglio veloce, perché possano essere colte da tutti en passant, appunto. Qui non troviamo, fortunatamente, lunghe parentesi retoriche, artificiosamente sovrapposte alla narrazione. Ed è un gran pregio di questo libro. I racconti si alternano con gusto sobrio, con equilibrio, con saggezza, con la padronanza, insomma, di chi domina la materia perché domina la scrittura e sa trovare la strada giusta per non tediare il lettore. È un percorso semplice, quello della nostra autrice, dove la parola semplice non deve trarre in inganno perché non significa né superficialità, né faciloneria. È un percorso, come accennavamo prima, ragionato e, soprattutto, non è un discorso monocorde. È un procedere vario ed agile, che avvince con la varietà dei temi, che ne sono alla base, e dei sentimenti, che ne costituiscono l’ossatura.  Vi compaiono tutti i colori dell’arcobaleno, saremmo tentati di dire: il rosa per i racconti d’amore, il giallo per i thriller, come “Nessun testimone a bordo”, l’azzurro per quelli in cui domina l’infanzia, con figurette di bimbi deliziosi o tragicamente predestinati. E - perché no? – c’è anche il nero di qualche racconto più cupo, ma più cupo solo perché la tematica affonda e scava nel buio, il buio, appunto, dei sentimenti umani, che sono così diversi da uomo ad uomo e così diversi anche nell’ambito dello stesso uomo. Pensavamo, per esempio, al racconto “Peccato di vanità”, che ci mostra come il sentimento paterno possa trasformarsi tanto radicalmente da dar luogo ad un peccato di vanità, un peccato di vanità così  eccessivo da diventare di una brutalità esasperata, portata fino alle estreme conseguenze e, ovviamente, esecrabile.

Poi, quando nell’azzurro dell’infanzia, la morte ha il sopravvento e stende le sue ali nere, come nel racconto “Aspettami”, o come ne “Lo zio di Elvira”, tragicamente attuale o quando sfiora soltanto questi bambini, come nel caso della piccola  Maria Luisa, del racconto “Il mio angelo”, salvata per un pelo dal gesto eroico di una donna, quando questo accade, anche qui, dove c’è l’ombra della morte, compare sempre un piccolo raggio di sole o, comunque, una luce, un lieve chiarore, che rende meno cupa l’angoscia della fine. Da dove proviene questa luce? Da dove può nascere il chiarore, in uno scenario tragico? Dove e perché si può intravvedere una svolta?

La risposta, implicita, la troviamo leggendo attentamente questi racconti, ma ce la fornisce anche l’Autrice, quando scrive, con bellissime parole, sul retro di copertina, “ (…) perché l’Amore non muore e, anche oltre la vita, lancia piccoli segnali che soltanto l’antenna del cuore è in grado di cogliere.”

Ed è chiaro, a questo punto, il significato del titolo ed il senso stesso dell’intero libro.

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