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Miti napoletani di oggi.96

IL TEATRO SAN CARLO

 

di Sergio Zazzera

 


So già che più di qualcuno si starà domandando come possa costituire un mito il teatro lirico più antico – e tuttora uno tra i più prestigiosi – del mondo. Chiarisco subito, perciò, che il mito non è costituito dal teatro in sé, bensì da un coacervo di situazioni, sostanzialmente concomitanti, che in questi ultimi tempi si stanno manifestando intorno a esso.

a) Il passaggio dalla gestione Purchia alla gestione Lissner aveva lasciato sperare in una risalita qualitativa dell’istituzione. Poi, però, la pandemia appena conclusasi ne aveva fatto sospendere le attività, riprese in tempi recentissimi, ma nel teatro Politeama e con l’esecuzione delle opere liriche in forma di concerto, poiché, nel frattempo, nel San Carlo era in corso un’operazione di maquillage. Quesito: passi lo spostamento di sede, ma perché non rappresentare le opere in forma scenica?

b) Un decreto legge ad personam invia in quiescenza il soprintendente Lissner, per evidenti motivi politici, proprio quando, cessata la pandemia, egli avrebbe potuto dimostrare di poter realizzare anche a Napoli ciò che aveva realizzato a Parigi (leggi: messa in scena delle opere nel teatro a lui affidato). Quesito: è mai possibile che il nazionalismo (se non anche altro) debba prevalere sulla qualità?

c) La Regione Campania, che da più di un po’ di tempo va dirottando i fondi destinati alla musica c.d. “seria” dal napoletano teatro San Carlo al salernitano teatro Verdi (guarda un po’…), vota contro il bilancio del lirico napoletano (guarda un altro po’…), che, tuttavia, è salvo, grazie al voto favorevole di tutti gli altri componenti del consiglio di amministrazione. Quesito: possibile che sulla qualità debba prevalere, addirittura, anche un regionalismo campanilistico?

Conclusione, ovvero il mito: mentre il Governo compie un passo indietro, rispetto, addirittura, alle XII Tavole che, già alla metà del V secolo a. C., ammonivano: Privilegia ne inroganto, la Regione, dal canto suo, o sottovaluta una istituzione, o ne sopravvaluta un’altra; e – ciò ch’è peggio – l’uno e l’altra pensano che chi è dotato di cervello (correttamente funzionante, s’intende) possa apprezzare in maniera positiva le loro rispettive iniziative.

(Maggio 2023 - Gli articoli vengono riprodotti quali ci sono pervenuti)