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Miti napoletani di oggi.7

LO SCUGNIZZO DELLE QUATTRO GIORNATE

 

di Sergio Zazzera

 


Una maniera oleografica di affrontare il tema delle Quattro Giornate di Napoli ha fatto dello scugnizzo una sorta di simbolo dell’insurrezione dedicando alla sua immagine finanche il monumento ufficiale, realizzato da Marino Mazzacurati (1963) e collocato in piazza della Repubblica, alla medesima maniera in cui alla sua figura è riservato un ruolo di primo piano nel film di Nanni Loy, Le Quattro Giornate di Napoli (1962). In altri termini, sembrerebbe quasi che a ribellarsi alla violenza nazifascista a Napoli, prima città in Europa, sia stato soltanto un manipolo di ragazzini, che l’odierno sociologo definirebbe “a disagio”.

Ed è proprio qui il nocciolo del mito. Non v’è dubbio, infatti, che giovanissimi napoletani, provenienti anche da famiglie e ambienti estremamente popolari, abbiano contribuito all’espulsione del nemico-già-alleato, talvolta cadendo anche in combattimento: fra tutte giova ricordare le figure di Filippo Illuminato e di Gennarino Capuozzo. Alla liberazione di Napoli, però, provvide l’intera popolazione – uomini e donne, giovani e anziani, perfino il clero, ciascuno nel ruolo a sé più confacente –, per una motivazione, che non era soltanto politica, bensì anche economica, giacché, proprio come nel 1647, anche nel 1943 una guerra insensata aveva indotto tra il popolo napoletano la fame. Ma ciò che più spiace è il fatto che ad alimentare questo mito sia stata la penna dello scrittore e artista Edoardo Pansini, padre di Adolfo, che fu la più illustre fra le vittime dell’episodio conclusivo della rivolta, vale a dire, l’eccidio di Pezzalonga, quasi che il ruolo di tutta la rimanente parte della popolazione della città fosse stato di mero contorno.