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Memorie storiche in piazza Vittoria

 

di Antonio La Gala

 

La denominazione Vittoria porta a pensare al risultato della Prima guerra mondiale, invece qui è il nome dato alla chiesa che si trova nella piazza, a ricordo della vittoria cristiana di Lepanto contro i Turchi del 7 ottobre 1571.

I Turchi nel 1570 avevano espugnato l’isola di Cipro, allora possedimento veneziano. La preoccupazione degli Europei e l’indignazione per la maniera barbara con cui erano stati massacrati  i difensori di Famagosta, la piazzaforte dell’isola, coagulò attorno a Venezia una Lega Sacra cristiana promossa da Papa Pio V, a cui aderirono Spagna, Genova, Savoia e Malta. La lega, sotto la guida di Don Giovanni d’Austria, figlio di Carlo V, si scontrò nelle acque di Lepanto con la flotta turca, sconfiggendola dopo una battaglia dura e sanguinosa, che se non portò alla restituzione di Cipro, tuttavia bloccò, almeno per quel momento, l’espansionismo ottomano.

I Turchi persero 167 navi e 18.000 uomini, i Cristiani  persero 12 navi delle 250 che avevano messo in mare, e 7.500 uomini.

La risonanza della vittoria e il tripudio per l’ennesimo scampato pericolo per i Cristiani, furono enormi; il Papa, per celebrare la vittoria, istituì la festa della Madonna del Rosario.

Le popolazioni napoletane, soggette ai continui assalti saraceni sulle proprie coste, avevano dato il loro contributo e avevano seguito la vicenda con trepidante partecipazione. La bandiera della Lega Sacra fu consegnata a Don Giovanni d’Austria a Napoli, in Santa Chiara, dal Viceré. Molti napoletani di nobili famiglie avevano partecipato alla battaglia,  riscuotendo il plauso del comandante Don Giovanni per il loro eroismo e bravura.

La sera del 15 ottobre, quando, dopo una settimana dal combattimento giunse la notizia della vittoria cristiana, le strade e le piazze di Napoli si riempirono di gente in tripudio e in una riunione straordinaria delle autorità locali fu deciso di erigere sull’arenile di Chiaia una chiesa in ricordo dell’evento e in segno di ringraziamento. Essa si sarebbe chiamata chiesa della Vittoria.

I fondi necessari furono raccolti in poco tempo e la chiesa dedicata a santa Maria della Vittoria, con un piccolo convento di Carmelitani, sorse in meno di un anno, nel 1572, su un terreno donato dal marchese di Polignano.

La chiesa odierna però non è quella che sorse nel 1572. Infatti essa fu riedificata, in sostituzione della precedente, verso il 1628, a cura di Giovanna d’Austria, figlia del vincitore di Lepanto, e poi completata e abbellita nel 1646 dalla figlia di Giovanna, donna Margherita di Austria Branciforte.

 

Successivamente la facciata rivolta verso il mare scomparve per la costruzione dei nuovi edifici e per ingresso rimase solo il vestibolo a tre archi che vediamo oggi, di cui i due laterali addirittura adibiti ad altro uso.

All’interno della chiesa, la battaglia è ricordata sul muro dell’altare maggiore da un affresco rappresentante la Madonna circondata da angeli, alcuni dei quali scagliano fulmini sulle navi turche, mentre gli altri danno la palma al vincitore. Pio V è inginocchiato a sinistra, Don Giovanni a destra.

Vicino alla chiesa, nel palazzo Maio, Ferdinando Sanfelice eresse una delle sue ardite ed eleganti scale settecentesche.

Verso il 1780 Ferdinando di Borbone decise di costruire un Real Passeggio, (“reale” nel senso di statale, pubblico), l’antenata dell’attuale Villa Comunale, su parte dell’arenile che fino ad allora si distendeva con barche e pescatori fra il mare e la sovrastante collina.

Piazza Vittoria divenne così una delle piazze che chiudono la Villa.

Nelle fotografie  dell’Ottocento in piazza Vittoria compare uno dei più famosi alberghi della zona, il “Vittoria”, ricordato anche da Alessandro Dumas nel suo Corricolo. Lo scrittore francese riferisce che in questo albergo uno sceicco algerino pretendeva far tagliare la testa a un eunuco che aveva lasciato sfuggire una donna del suo harem.

Le vecchie immagini ci ricordano la presenza nella piazza anche di uno scomparso Giardino d’inverno.

Nei primi decenni del Novecento nei paraggi di piazza Vittoria troviamo la Galleria Vittoria, un edificio costruito in forma circolare con ingresso al Chiatamone, dove negli anni Sessanta, dopo i dovuti adattamenti, ha sede il quotidiano “Il Mattino”. L’edificio inizialmente, ai tempi della belle époque, ospitava una sala da spettacolo chiamata Diorama.

L’analoga denominazione “Galleria Vittoria” dalla fine degli anni Venti, indica il traforo fra via Acton e il Chiatamone (precisamente via Giorgio Arcoleo), scavato fra il 1927 e 1929 sotto l’altura di Pizzofalcone per migliorare le comunicazioni fra la via marittima e la Riviera di Chiaia.

In piazza Vittoria il tempo ha collocato ancora altro: le statue di Giovanni Nicotera (patriota del Risorgimento e uomo politico) e Nicola Amore (il sindaco di Napoli del Risanamento urbanistico di fine Ottocento), nonché un monumento per ricordare i Caduti della battaglia navale di Lissa e dedicata a tutti i Caduti sul mare. Fu innalzata nel 1914 sopra una  piccola sporgenza realizzata nel 1867 verso il mare. Ha la forma di una colonna spezzata e proviene dal teatro romano di via Anticaglia.

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