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Al Teatro Troisi

“LA LEGGENDA DEL  GRANDE INQUISITORE”

 

di Antonio Esposito

 

Al Teatro Troisi Umberto Orsini con Leonardo Capuano, con la regia di Pietro Babina rappresenta “La leggenda del Grande  Inquisitore” da I fratelli Karamazov   di  Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Orsini ha già  interpretato  Ivan Karamazov ,si ricorda ancora  un memorabile sceneggiato TV alla fine degli anni 60 che fece   ascolti da record; nella rappresentazione  teatrale si cala nei  panni di un immaginario maturo Ivan Karamazov che si confronta attraverso uno specchio con la propria coscienza, con il se stesso giovane ed è affiancato da Leonardo Capuano che interpreta il ruolo di Mefisto. La scenografia è  perfetta, essenziale, penetrante, le luci e gli effetti sonori introducono lo spettacolo e lo accompagnano in maniera egregia; una costante luce al neon intermittente con la scritta Fede, una tenda con la scritta Libertà, un ambiente asettico, uno specchio, suoni indistinti, luce rossa che contraddistingue i momenti di maggiore tensione. Umberto Orsini è eccelso e   affiancato da un bravissimo Leonardo Capuano riprende i temi dell’Opera di  Dostoevskij – fede, ateismo, mistero, autorità, peccato, libertà, amore, passioni, vizi,  gioia e sofferenza – e accompagna lo spettatore in un vortice di emozioni, inquietudine, senso di smarrimento e lo lascia estasiato, rapito. La prima parte dello spettacolo è caratterizzata dall’assenza di dialoghi, Orsini si aggira inquieto sul palco ed è inseguito, oppresso da un minaccioso e ambiguo demone-alter ego interpretato  da Leonardo Capuano. La rappresentazione riprende il testo dell’opera e attualizza la leggenda narrata da Ivan al fratello Aleksej, l’incontro tra il Cristo ritornato sulla Terra a Siviglia ai tempi della Santa Inquisizione e Il Grande Inquisitore, Cristo viene riconosciuto e acclamato da tutti e al compimento del suo primo miracolo, la resurrezione di una bambina morta, viene imprigionato dal Grande Inquisitore. Nella   parte finale dello spettacolo Umberto Orsini da solo a tende chiuse, si rivolge al pubblico ed interpreta il ruolo del Grande Inquisitore che visita Cristo e  gli comunica   che è stato condannato a morte e gli rimprovera di avere generato confusione nell’utopia di portare libertà di scelta all’uomo poiché la maggior parte degli uomini  è incapace di gestirla e considera insostenibile il peso della libertà; l’uomo spesso  preferisce essere sottoposto ad un potere autoritario che decida per lui e che lo   deresponsabilizzi, solo pochi uomini hanno il potere di saper gestire la libertà e la sofferenza, sono gli eletti. Lo provoca dicendogli che la stessa folla che lo  acclamava  appiccherà il suo  rogo poiché agli uomini non interessa il suo messaggio,  essi hanno bisogno del pane, di soddisfare le necessità materiali che fanno capo alle tentazioni   di Satana che Cristo ha rifiutato. Evidenzia come sia necessaria una autorità forte che soddisfi i bisogni materiali del popolo e richieda loro obbedienza e profetizza lo scompiglio che il ritorno del Cristo porterebbe nell’organizzazione della Chiesa che   nei secoli ha costruito un ordine in grado di dirigere ed indirizzare la vita degli uomini. Alla fine viene zittito da un ecclesiastico in rosso che gli chiude la bocca e lo placa. Lo spettacolo innovativo ci lascia riflettere sul pensiero dell’autore, sulla guerra tra ragione e spiritualità e sulla natura dell’uomo, molto spesso lontano dalla virtù, schiavo delle passioni, dei vizi, dei bisogni materiali, meschino, debole,  incapace di amare il suo prossimo, spesso anche incapace di amare se stesso. Spettacolo meraviglioso, eccelso, sublime, esperienza indimenticabile da non perdere.