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UNA PASSEGGIATA A SERINO

di Luigi Rezzuti

 

Diversi anni fa, quando si diceva che l’acqua distribuita a Napoli conteneva calcare, residui di ferro, arsenico, cloro e quant’altro, Giuliana e Franco, quasi ogni fine settimana, si recavano a Serino, un piccolo centro dell’Avellinese, a riempire taniche d’acqua pura, proveniente dalla sorgente di Serino e distribuita per le strade attraverso delle fontanine.

Serino si trova a pochi chilometri da Avellino, nella valle del Sabato, sulla riva destra del fiume omonimo, in prossimità della confluenza del Rio Finestrella, alle falde nord-occidentali del monte Terminio.

Non si riusciva a capire perché Giuliana e Franco percorressero circa 160 chilometri, tra andata e ritorno, solo per andare a prendere dell’acqua.

In questi piccoli centri dell’Avellinese, oltre all’acqua del Serino, si mangia molto bene e si possono acquistare prodotti genuini locali, come formaggi, salumi, ricotta e castagne.

Ed ecco scoperto l’arcano mistero: prendere l’acqua era comunque una occasione per andare a fare una passeggiata domenicale e pranzare fuori porta.

In quel periodo Giuliana e Franco invitarono un’altra coppia di amici per andare tutti insieme a Serino, ma vari impedimenti mandarono all'aria il progetto.

A distanza di vari anni essi proposero ad Emma e ad Alberto di andare a pranzare a Serino e poi proseguire per il Terminio.

Il Terminio fa parte della catena dell'Appennino campano. Con i suoi 1786 metri rappresenta la terza vetta dell’Irpinia, dopo Monte Polveracchio e Monte Cervialto.

Una domenica mattina, di buon'ora, tutti insieme i quattro amici andarono a Serino e, con una non comune memoria visiva, Franco li portò presso lo stesso ristorante in cui erano andati tanti anni prima.

La gestione era cambiata ma mangiarono ugualmente benissimo, come per il passato.

Dopo pranzo proseguirono per il Terminio ma, strada facendo, si fermarono a S. Lucia, una piccola frazione di Serino dove si recarono a prendere l’acqua, e bevvero da quella stessa fontanina.

Arrivati al Terminio, trovarono una grande pianura verdeggiante e un maneggio dove si poteva noleggiare un cavallo o un calesse per una passeggiata.

Giuliana ed Emma noleggiarono un calesse e giù le prime risate perché entrambe ebbero grosse difficoltà a salire sul calesse che aveva, a dir la verità, un predellino molto alto. Inoltre, non avendo capito come si impartivano gli ordini al cavallo, furono accompagnate direttamente da chi noleggiava il calesse.

A fine corsa Giuliana rideva con le lacrime agli occhi mentre Franco cercava, con l’aiuto della proprietaria del calesse, a far scendere Emma ma con difficoltà. A questo punto intervenne Alberto che la prese in braccio come si prende una bambina.

Giuliana, nel raccontare la tragicomica passeggiata, non riusciva a trattenersi dal ridere.

Il cavallo che trainava il calesse era abbastanza irrequieto e trotterellava veloce con la faccia impaurita di Emma la quale, pensando di poter cadere dal calesse, per tutto il percorso, restò abbracciata a Giuliana ed ebbe anche qualche manifestazione di isterismo, fino al punto di voler scendere.

Dopo l’esperienza di Giuliana ed Emma, venne il turno di Franco ed Alberto che noleggiarono un calesse ma si accorsero subito che il cavallo li trasportava contro voglia.

Non trotterellava ma camminava molto lentamente, gli lasciarono le briglie sciolte con la speranza che camminasse più velocemente ma niente anzi, ad un certo punto del sentiero il cavallo cambiò direzione e si avvicinò ad un abbeveratoio per poi proseguire sempre con un andamento lento, fino a fine percorso.

Dopo questa tragica esperienza, ma senza rinunciare ad una passeggiata sul prato verde, fecero ritorno a Napoli.

Ancora oggi, quando i quattro amici si incontrano, rievocano quella passeggiata a Serino e ridono di gusto.

 

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