Il lungomare mortificato
di Luciano Scateni
Tra la fascia verde della Villa Comunale e la scogliera a protezione delle onde, il lungomare di Napoli si affaccia sul golfo più intrigante del mondo e osserva strabiliato il profilo di Capri, l’andamento frastagliato delle alture che si proiettano sul mare di Sorrento. E’ sontuosa la passeggiata di via Caracciolo, luogo incantato di una città che ne rimane avvinta: molti napoletani non hanno il piacere di vedere ogni giorno l’azzurro del mare perché residenti in aree interne della città, ma sanno che è lì, ne sentono l’odore, ne avvertono il fascino e godono del senso di libertà che ispira. Come troppe bellezze di Napoli, anche il suo lungomare è un bene mortificato: nei giorni della settimana che precedono il week end è un luogo triste, deserto, vissuto da pochi pedoni e da qualche ciclista, specialmente a sera; al sabato e alla domenica diventa casbah invivibile, assalita da auto irrispettose dei divieti di sosta, da orde di “vu cumprà” e, con l’avanzare del caldo, da torme di bagnanti dei lidi “mappatella”. Di qui la plastica contraddizione tra eventi di alto profilo annunciati con giusta enfasi, e lo stato abituale dei luoghi. Napoli ospiterà nel fantastico stadio che si tuffa nel mare, le gare di Coppa Davis per accedere alle semifinali. Murray contro Fognini eccetera. L’ippodromo di Agnano tornerà all’antico splendore con la disputa del Gran Premio, il lungomare assisterà a un vero e proprio festival delle regate: da quella storica della Lysistrata, regina delle classiche del canottaggio, più antica regata remiera d’Italia, alla Tre golfi, al campionato del Tirreno, alla Rolex Cup di Capri e alle suggestive Vele d’Epoca. Nel frattempo sarebbe ora di normalizzare l’aspetto consueto del lungomare, sottraendolo al suk che l’invade, cancellando le orribili scritte sul bianco degli scogli e promuovendo iniziative che giustifichino la chiusura al traffico del cosiddetto “lungomare liberato”.