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VIAGGIO DI NOZZE ALLE SEYCHELLES

 

di Luigi Rezzuti

 

Stefano e Chiara si dovevano sposare. Quindi, dopo aver scelto l’abito da sposa, le bomboniere, il locale della cerimonia e la chiesa, iniziarono le ricerche su internet per programmare la luna di miele alle Seychelles scegliendo alberghi non eccessivamente costosi ma che, comunque, offrivano soggiorni da sogno.

Stefano e Chiara si unirono in matrimonio e, dopo una riuscitissima cerimonia, partirono per la costiera sorrentina ed amalfitana per trascorrere il fine settimana.

Di lunedì mattina si recarono all’aeroporto, destinazione Seychelles.

L’arcipelago delle Seychelles, ufficialmente Repubblica delle Seychelles, fa parte del continente africano.

E’ un arcipelago formato da 115 isole, ma se ne contano 155, data l’enorme varietà di isolotti, atolli, banchi sabbiosi, banchi corallini etc.

L’albergo era immerso nel verde, tra fiori esotici, piante acquatiche, ornamentali e una piscina elegantissima con un bel solarium.

A pochi metri, la spiaggia con una sabbia sottile e bianca ed un mare cristallino che invitava a tuffarsi.

L’isola era di una bellezza mozzafiato, un luogo mai visto prima da Stefano e Chiara, semplicemente paradisiaco.

Quando l’arcipelago fu scoperto, nel 1502,  molte isole erano completamente disabitate e in quelle abitate c’erano soltanto pescatori indigeni che sopravvivevano cibandosi di pesca e di quello che offriva l’isola.

Oggi la maggiore ricchezza è dovuta al turismo anche se molte isole sono ancora deserte.

Stefano e Chiara, dopo un’abbondante colazione scesero in spiaggia ad abbronzarsi ai raggi del sole e immergersi in quel mare incontaminato.

Nuotarono restando meravigliati nel vedere di essere circondati da tante varietà di pesci  che sembrava si potessero catturare con le mani.

Stefano era un appassionato di pesca subacquea, ma in quella zona era rigorosamente vietato.

E tuttavia la tentazione fu tale che Stefano si organizzò con lenze, ami, esche e un coltello a serramanico non dimenticando sigarette ed accendino.

Noleggiò una piroga di un pescatore dell’isola, che lasciò alcuni attrezzi, tra cui un machete ed un grosso secchio per raccogliere il pescato.

La piroga è un’imbarcazione simile ad una canoa, generalmente usata dai pescatori delle Seychelles e realizzata scavando un tronco d’albero. Può navigare sia a remi che a vela.

Stefano iniziò a remare, mentre Chiara preparava le lenze, e non si accorse di essersi allontanato dalla spiaggia al punto tale da vedere la loro isola soltanto come un lembo di terra.

Il mare era leggermente mosso ma un bel sole e il cielo sereno invogliavano Stefano  a remare e raggiungere una secca indicatagli dal pescatore dell’isola per l’abbondanza di pesci.

Il mare, però, iniziò ad agitarsi, Chiara si preoccupò ma il desiderio di Stefano era tale che tranquillizzò la moglie e continuò.

Intanto il mare diventava sempre più minaccioso e grosse onde si abbatterono sulla piroga, facendole imbarcare acqua.

Stefano, uomo coraggioso e amante del mare, affrontava le onde senza eccessiva preoccupazione, mentre Chiara doveva svuotare l’acqua del mare  che era entrata nella piroga.

Un’onda ancora più grossa fece perdere i remi della barca e le correnti marine la spinsero su un isolotto. Uno scoglio a fior d’acqua provocò uno  squarcio alla piroga.

Stefano riuscì a salvare tutte le attrezzature e, una volta sull’isola, fecero un giro di perlustrazione, e tra la disperazione di Chiara, si resero conto di essere approdati su di un isolotto deserto

Il tempo minacciava temporali, il cielo diventò sempre più scuro.

Stefano, senza perdersi d’animo, sistemò la rete per pescare tra due palme creando, così, una specie di amaca per riposare.

Con l’aiuto del machete tagliò diversi rami di palma, costruendo una capanna per ripararsi dal freddo e da un’eventuale pioggia.

Chiara, invece, raccolse un bel pò di ramoscelli secchi e qualche tronchetto per accendere il fuoco.

Fortunatamente le sigarette e l’accendino non si erano bagnati perché ben custoditi in una borsetta e l’accendino servì per accendere il fuoco.

Stefano e Chiara erano giovani ma, anche se coraggiosi, quella notte la paura si impadronì di loro.

Fortunatamente non piovve eppure nessuno dei due riuscì a prendere sonno.

All’alba il tempo era di nuovo sereno, il mare era calmo ma la piroga era inservibile per affrontare il ritorno.

Stefano e Chiara fecero un nuovo sopralluogo più accurato, ma dovettero constatare che si trovavano su una isola disabitata e senza possibilità di chiedere aiuto.

Capirono che i soccorsi sarebbero stati difficili ad arrivare e cercarono di organizzarsi per la sopravvivenza.

Chiara fece una notevole scorta di ramoscelli per tenere sempre acceso il fuoco, mentre Stefano, col machete, tagliò altre foglie di palme per meglio sistemare l’improvvisata capanna, poi raccolse quanti più cocchi possibili per berne l’acqua che contenevano e per mangiarne il frutto.

Certo non era un gran cibo. Allora Stefano preparò la lenza, l’amo e l’esca e andò a pescare.

Nella sfortuna un po’ di fortuna, nella zona non mancavano i pesci e così Stefano riuscì a pescarne alcuni di media grandezza.

Chiara, col coltello a serramanico, li pulì e, dopo averli sciacquati nell’acqua di mare, li mise ad arrostire sul fuoco.

Intanto, per il mancato rientro di Stefano e Chiara, il pescatore, che aveva dato in  noleggio la piroga, avvertì il direttore dell’albergo.

Iniziarono subito le ricerche. Dove erano Stefano e Chiara? Erano annegati? Si erano salvati? E su quale isola deserta erano naufragati?.

Le ricerche non erano facili, l’arcipelago è molto esteso. Partì un elicottero per sorvolare quelle isole e partì anche, una imbarcazione per scandagliare il mare.

Stefano e Chiara trascorsero le prime notti su quell’isolotto, la prima senza dormire, la seconda li vide cedere alla stanchezza e dormirono.

Le giornate passavano monotone, sempre alla ricerca di legna da ardere, per avere un fuoco sempre acceso, e a raccogliere cocchi per berne l’acqua.

Stefano tutti i giorni pescava con ottimi risultati, poi cercò inutilmente di riparare la fragile piroga, ma dovette arrendersi non avendo gli attrezzi adatti.

Dopo alcuni giorni, finalmente, nella tarda mattinata, mentre Stefano e Chiara avevano vissuto  come Robinson Crusoe, un elicottero sorvolando quell’isola scorse la nuvola di fumo del fuoco sempre acceso.

L’elicottero, non potendo atterrare in quanto la vegetazione era molto fitta, contattò via radio l’albergo e dal porticciolo partì una barca che, in poco più di due ore di navigazione, raggiunse gli sfortunati naufraghi.

L’avventura era finalmente terminata, al rientro in albergo furono accolti da un fragoroso applauso da  parte del personale.

Stefano e Chiara, felici ma esausti, riposarono tutto il pomeriggio. In serata li aspettava una sorpresa: il direttore dell’albergo aveva organizzato una lussuosa cena e un brindisi per il loro ritrovamento.

Finalmente Stefano potette fumare una sigaretta e ricordare quell’ avventura trascorsa su quell’isola disabitata che rimase impressa nella memoria e che fu raccontata più volte, al loro rientro in Italia, a parenti e ad amici.

(giugno 2014)