Occhi che non vedono
Cuore che non soffre
di Mariacarla Rubinacci
Le parole dell’adagio popolare rispecchiano il “problema”, oggi “caso” salito alla ribalta della cronaca, dei clochard rannicchiati negli anfratti della nostra città. Di ogni città della Terra, meglio dire, in quanto i “senza tetto” sono sempre stati il prodotto diffuso del troppo e del troppo poco delle civiltà, oggi dette dei consumi che spalmano a piene mani il superfluo quando la “vacche”sono grasse, oppure stringono le cinghie dei pantaloni quando la crisi economica fa aprire i cassonetti ai disperati che vagano come fantasmi. Costoro sono comunque persone, ma il più delle volte non li vediamo quando si sistemano un po’ ovunque. Si rannicchiano nelle gallerie dei centri commerciali sotto le serrande chiuse dei negozi, trovano dimora nei porticati dei palazzi dagli ampi androni, tra le colonne dei portici lungo il corso dove durante il giorno si ascolta lo scalpiccio dei passanti, negli anfratti delle banche e di quasi tutti i palazzi pubblici che durante la notte rimangono liberi dal costante andarivieni degli utenti. Quando scende la sera arrivano alla spicciolata, rapidi per essere i primi ad occupare il riparo migliore, silenziosi come intontiti dalla precarietà che ormai li veste come abito di tutti i giorni. Si fermano dove uno spazio libero diventa il tetto della “casa” per ripararsi dal vento, dal freddo, dalle intemperie che non risparmia nessuno, Si costruiscono la loro dimora, la loro capanna fatta di carta di giornali, gli stessi che fino a poche ore prima avevano registrato la realtà a lettori impegnati ad informarsi e che ora invece sono solo parole che però acquistano un peso ben più significativo, si avvolgono in un riparo di plastica, quello dei sacchetti neri della spazzatura che inghiottono quei loro corpi ormai molto assomiglianti allo stesso contenuto al quale sono destinati. E’ l’ultima “casa senza muri” l’ha definita qualcuno, che però non ha volume agli occhi di chi gli passa accanto quasi senza vederla. La tragedia del clochard trovato senza vita di fronte al Teatro San Carlo, all’ingresso della Galleria, ha riempito le colonne del quotidiano cittadino e ha messo in luce quel senso di cinismo in cui sembra sia sprofondata questa nostra città, quando la stessa cronaca registra l’indifferenza di quei cittadini intenti a sorseggiare la consueta “tazzulella e’ cafè” a pochi passi da quel corpo che stava salutando il mondo per sempre. Per disgrazia o per mal costume ormai siamo in po’ tutti abituati a voltare lo sguardo altrove, anziché intervenire per tentare di risolvere. Si pensa che altri siano quelli delegati ad intervenire, “non spetta a noi farci carico” è il pensiero comune, mentre il degrado avanza inesorabile e la rassegnazione giustifica ogni mossa. Allora il non vedere allontana la sofferenza.
Caro lettore, non abbandoniamoci alla triste storia che vorrebbe vederci annientati per far posto a loschi giochi di potere. Siamo tutti persone che gli occhi li vogliono tenere ben aperti per vedere e per denunciare, perché un cuore che soffre trova meglio il coraggio per fare in modo che le cose cambino in nome della civiltà di cui siamo i portabandiera. Il domani dei nostri giovani è il nostro sacro obiettivo.