Hu, cognome cinese in rapida diffusione
di Luciano Scateni
A Napoli gli Esposito sono in larga maggioranza e il rispetto della tradizione per il cognome più frequente è salvo. Altrove no. La Cina è più vicina? Lo confermerebbe una lunga serie di dati economici che testimoniano l’attenzione concreta dell’impero cinese per l’Italia. Qual è la capitale finanziaria del nostro Paese? Naturalmente è Milano e sentite cosa accade nel capoluogo lombardo: il cognome più diffuso in città e dintorni non è più Rossi e neppure Bianchi, Colombo, Cattaneo o Brambilla, ma è il cinesissimo Hu e gli fanno buona compagnia in alto nella classifica, Chen, Zhou, Wang. Cosa c’è di appetibile per la mega finanza cinese, tanto da attrarre miliardi di investimenti e la partecipazione azionaria sistematica al capitale di grandi imprese italiane? C’è che nel Bel Paese i prezzi sono crollati e conviene investire, più che in Grecia, Spagna o Portogallo per aprire un varco nella zona euro. La presenza cinese, mediamente intorno al due per cento, è consolidata in Eni, Enel, Telecom, Fca, Prysmian, Snam, Terna, Fiat e Generali. I fondi pilotati dalla Banca Centrale di Pechino su Piazza Affari ammontano a cinque miliardi di euro. Deus ex machina delle strategie di espansione economica cinese è il signor Zhou Xiaochuan, governatore della People’s Bank of China la più mastodontica del mondo: possiede personalmente il due per cento della Fiat. Di concerto, la State Grid Corporation of China, la più grande compagnia di servizi del mondo, con un milione e mezzo di dipendenti, ha investito in giganti finanziari italiani la bella cifra di due miliardi e cento milioni di euro. Di allettante, l’Italia ha un ottimo rapporto qualità-prezzo confermato anche dal passaggio di proprietà della casa di moda Krizia. Presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda passata in mani cinesi, è la signora Zhu Chon Un. L’interesse della Cina per il nostro Paese si è consolidato con la visita di Renzi in quel Paese e si conferma con l’annunciata visita in ottobre del premier Li Keqiang che sarà in Italia, anche per firmare convenzioni commerciali. Ora non c’è dubbio che la lingua internazionale è l’inglese ma, considerati gli sviluppi dei rapporti tra i due Paesi, chissà che in un futuro prossimo non sia introdotto nelle scuole lo studio del cinese. A Napoli la comunità cinese è ben presente e svolge in prevalenza attività commerciali o di confezionamento di vestiario, anche se l’invasione per il momento è ancora contenuta.