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CALCIOMERCATO ESTIVO   di Luigi Rezzuti   Prima di iniziare il calciomercato estivo il presidente Aurelio De Laurentiis doveva scegliere il nuovo...
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Al via mercoledì 2 giugno ad Ascea Marina il progetto "Alétheia e Doxa"      Prenderanno il via mercoledì 2 giugno alle ore 17,00 in piazza Europa ad...
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Sapori perduti: la pasta della nonna

 

di Peppe Iannicelli

 

Il Salone del Gusto/Terra Madre ha lanciato una meravigliosa iniziativa: un’arca del gusto. Una varietà di cibi e prodotti della Terra per salvarci dall’omologazione imposta dell’industria alimentare. Voglio dare anche io il mio modesto contributo a questa Arca del Gusto e della Vita.

Rumore, suono o meglio un ritmo battente. Così mi svegliavo la domenica mattina, da bambino, quando dormivo in paese, dai nonni. Erano contadini. La domenica era il giorno dedicato alla pasta fatta in casa. La preparazione cominciava presto. Acqua, farina, uova quando necessario. E tantissimo olio di gomito per confezionare cavatelli, tre dita, lasagna, ravioli che adoravo quando farciti con la ricotta di capra. Si utilizzava per la lavorazione una tavola di legno ( tumbagn ) che veniva poggiata su due sedie ed incastrata al muro. Il ritmo che mi strappava al sonno domenicale era quello dei fusilli. La pasta lavorata veniva allungata in lamina sottile. I pezzetti tagliati erano infilzati dal ferretto ed allungati quel tanto che bastava per fare accogliere il sugo nel piatto. Un’operazione complicatissima che veniva eseguita con fantastica abilità e ritmica velocità. Ed il tumbagn sotto la spinta delle robuste mani contadine batteva armonicamente contro il muro, suonando la sveglia deliziosa. Tumb, tumb, tumb, tumb. Era il preludio melodioso di una colazione pantagruelica. La pasta della domenica andava onorata con un sontuoso ragù che già dalla sera prima pippiava nell’orcio di terracotta accanto alla brace del camino, sprigionando un profumo tentatore. Una bella fettona di pane casereccio tuffata in quella deliziosa rossastra era l’incipit gastronomico della giornata. Ma bisognava star ben attenti a non farsi scoprire. Una mollica poteva rovinare il ragù ed era severamente vietato anche avvicinarsi al recipiente che rischiavamo di rovesciare. Senza considerare la possibilità, niente affatto remota, di scottarsi con le braci roventi. Ma il rischio meritava di esser corso. Che sarà mai una scottatura o un ceffone punitivo al confronto di tanta delizia?

La nostalgia di quelle domeniche mi stringe il cuore, quando mi risveglio tra il frastuono delle auto. Il ritmo del tumbagn  non riesco più a sentirlo tra televisioni a tutto volume ed infernali telefonini che fanno di tutto tranne che la pasta in casa.

 (Ottobre 2014)

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