Dove abita il “bello”?
di Mariacarla Rubinacci
Apro il giornale. Ogni mattina è un rito per farmi sentire nel mondo, oggi giorno così globalmente intorno a noi da soffocarci.
Come un fumo acre, i titoli in grassetto denuncianti atrocità, corruzione, malaffare e politica esasperata, rendono affannoso il respiro.
Accendo la radio, che di ora in ora informa sugli accadimenti e intrattiene con interviste e commenti: anche qui l’ascolto diventa faticoso, le parole si snocciolano come chicchi d’uva marciti, buoni solo per il bidone della spazzatura.
Un’ora del pomeriggio da trascorrere in riposo, dopo le faccende di casa, davanti alla tv, viene invasa dalle cronache di madri che presumibilmente hanno ucciso il proprio figlio; da silenzi equivoci di preti che tacciono eventuali fatti, non proprio consoni alla veste che li contraddistingue; dalla triste e lunga storia dei nostri militari, presunti colpevoli di non aver assolto al loro dovere preposto alla difesa di azioni piratesche; da scene orrende alla vista di bambini che imbracciano, come fossero ormai i loro giocattoli, armi puntate alla testa di coloro che faranno morire o di bambine rapite e vendute come schiave della perversione.
I quotidiani, la radio e la tv mettono giustamente tutto sotto accusa, secondo la democratica libertà di informazione e, attraverso processi salottieri, in diretta, coinvolgono l’opinione di chi ascolta come se ogni salotto fosse la tribuna dei giurati.
E’ uno sforzo continuo rimanere lucidi al pensiero che ogni momento della vita che stiamo svolgendo sia solo imbrattato di brutture e meschinità.
Mi chiedo: “Dove abita il “bello”?
Non c’è più posto per la speranza? Le stanze della serenità sono desolatamente spoglie?. Il “bello” ha traslocato. Dove?”
È là dove schiere di volontari operano al posto dello Stato assente, offrendo le loro mani a quella parte di società sofferente, bisognosa anche di tutto.
È là dove giovani, attenti all’ambiente, si prodigano attraverso la loro moderna preparazione a salvaguardarne il futuro, che già non è più il loro, bensì dei tanti bambini, che mamme fiduciose vogliono ancora consegnare alla vita che verrà.
Sono, però, pochi gli spazi concessi alle cronache di quel “bello” che opera in silenzio. Documentari sporadici si sforzano di mettere in evidenza la creatività di una generazione che, malgrado tutto, esiste e si adopera affinché il mondo non sia solo oberato da brutture. Attraverso questa mia umile considerazione, desidero ringraziare l’afflato di vita che contraddistingue tanti dei nostri giovani, i quali, figli del mondo, credono ancora nel futuro che potrà essere per loro e…perché no?...anche per noi che già viviamo di solo passato, meno pesante da vivere.
(Febbraio 2015)