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LA NAPOLI CHE NON VOGLIAMO

 

di Annamaria Riccio

 

Qualche giorno fa, alla ribalta della cronaca, la notizia di un legame tra terrorismo e camorra

Crimine chiama crimine. La delinquenza, quella più radicata, infiltrata nelle maglie del tessuto sociale, si allarga e si connette,  mediante la rete internazionale, a cellule terroristiche che fanno ancor più rabbrividire della malavita nostrana. Questo, proprio non ce l’aspettavamo, ma c’è chi non si meraviglia più di tanto, consapevole che i legami illegali sono sempre esistiti dal momento che Napoli è un importante incrocio delle varie etnie. Ed è così che la nostra città diventa centro di smistamento per la produzione di documenti falsi per appartenenti a gruppi islamici ai quali viene assicurata una nuova identità, che serve a mimetizzarli nei paesi occidentali. Il nucleo attorno al quale ruota questa cooperazione può essere una moschea, il consolato algerino che risiede a Napoli, la miriade di extracomunitari che si insinuano nell’interland partenopeo, estendendosi verso la periferia. Ma quel che fa più discutere è che questi documenti sono su tessere originali perché ottenute da persone insospettabili, ma facilmente corruttibili. Ed è così che Napoli passa dalla camorra alla Jihad.

Richard Lynn, noto psicologo britannico, studioso e provocatore, definisce i meridionali meno intelligenti dei settentrionali: questo a causa dell’incrocio con i popoli africani che ritiene scarsamente dotati. E qui si sbaglia. I meridionali, in particolare i Napoletani, per le condizioni geografiche, storiche, sociali, sono fortemente stimolati a trovare strategie di sopravvivenza che, ahimè, talvolta hanno esiti negativi. Sono quindi creativi, intelligenti e pronti a farsi strada, quando le condizioni sociali lo consentono, esaltando le doti innate. Sarebbe questa la giusta meta per far convergere le grandi potenzialità. E’ questa la Napoli che vorrei. Ho i brividi al pensiero di un’associazione con crudeli assassini, assetati di sangue. Spero, invece, che la grande astuzia e sensibilità di questo popolo sia la chiave per stanare iniziative di sangue, quali quelle cui stiamo tristemente assistendo, e non un lasciapassare per altre terribili, raccapriccianti azioni, finalizzate solo all’espressione della crudeltà umana.

(Febbraio 2015)