Napoli: più amore, più odio?

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Napoli: più amore, più odio?

 

di Luciano Scateni

 

Osserviamo quanto è grande l’amore di buona parte della città per Napoli e per quali solide radici su cui si è dipanata una storia che non ha pari: è passione intensa, alimentata dalla consapevolezza di abitare un luogo del mondo che il padreterno deve aver deciso di privilegiare. Il profondo affetto riceve da sempre, e in particolare dal tempo ottocentesco dei grandi e colti viaggiatori europei, iniezioni di gratificazione che intellettuali e narratori del nostro tempo rinnovano, dopo aver sperimentato le qualità, i comportamenti e i caratteri dei napoletani migliori. Questa premessa enfatizza, è fuori di dubbio, il volto buono di Napoli e tenta di compensare le sue immense negatività sottolineate da gran parte dei titoli che i media le riservano ogni giorno. Napoli è città caotica, indisciplinata, tendente in permanenza a negare ogni regola del vivere civile. Ogni suo figlio lo rileva se appena mette il naso oltre i confini del tessuto urbano e si affaccia su luoghi del Paese a nord, oltre il territorio della Campania, dove gli scenari si propongono con tipologie di tutt’altro segno. Pur escludendo la piaga dei rifiuti, patologia incancrenita da decenni e parzialmente comune ad altre grandi città, l’osservazione delle specificità di mali napoletani conduce alla conclusione che Napoli staziona in un tempo malefico per alcuni episodi intollerabili e purtroppo in crescendo. Uno dei fenomeni che contribuiscono a procurare disagio insopportabile è il ripetersi di violenze che il cosiddetto branco compie quotidianamente in ogni angolo della città. Persone indifese, ragazzi o anziani che siano, sono aggrediti senza nessun motivo; bus, metrò, cumana e circumvesuviana sono teatro di aggressioni vigliacche; mezzi di trasporto e purtroppo anche monumenti sono deturpati da scritte, segnacci e  frasi, non di rado oscene. Gravissima è la sequenza di incursioni di teppisti nelle scuole, non solo di periferia, con danni alle strutture e furto di attrezzature tecnologiche, come  computer,  lavagne elettroniche e proiettori. A completare un quadro  intollerabile, l’invasione di luoghi centrali come piazza Garibaldi, uno dei primi approcci del turismo alla città, che diventa terra di nessuno, o meglio di tutti, resa invivibile dall’occupazione totale di immigrati che si accalcano sui marciapiedi con i loro prodotti contraffatti. Corollari dell’anarchia urbana non mancano: pochi rispettano orari e modalità nel disfarsi dei rifiuti, in tanti si liberano di oggetti ingombranti depositandoli ai piedi dei cassonetti anziché affidarli all’Asia, automobilisti incivili gettano fuori del finestrino cartacce, mozziconi di sigarette, e non solo, padroni di cani non raccolgono gli escrementi dei loro animali. Non basta? Si può aggiungere la questione “movida” che, in alcune zone cruciali, crea caos e rumori notturni a scapito degli abitanti della zona. Il quadro nero dei comportamenti incivili è insomma parte della quotidianità difficile di una città che contrasta plasticamente con se stessa, luogo di eccellenze, storiche, architettoniche, culturali. Male irreparabile? Nessuno ha la formula per determinare il mixage che potrebbe invertire la tendenza alla discrasia tra il bello e il brutto di Napoli. Purtroppo non viene nessun segnale positivo dalle nuove generazioni di napoletani e la constatazione rimanda a un futuro non prossimo, a tempi decisivi per la nascita di una napoletanità  pari allo straordinario patrimonio della città.              

(Febbraio 2015)