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LE REGOLE DELL’AMERICA’S CUP DI VELA

 

di Sergio Zazzera

 

Sembrano quasi scritte da Renzi o da Berlusconi, le cui tecniche di formulazione normativa sono altamente somiglianti fra loro, le regole dell’America’s Cup di vela, che hanno fatto imbestialire il team italiano di Luna Rossa. In breve: il team statunitense di Oracle, vincitore dell’ultima edizione della regata, secondo quanto prevede il regolamento della gara – stilato, peraltro, a suo tempo, dai suoi predecessori americani –, ha deciso le modalità di svolgimento della prossima edizione, fissando nuove dimensioni degli scafi, e lo ha fatto a due anni di distanza dalla stessa, dopo aver lasciato trascorrere un anno e mezzo dalla precedente. È evidente, dunque, come ciò abbia determinato per la squadra italiana – ma sicuramente anche per altre squadre – la sostanziale impossibilità di dotarsi in tempo utile di uno scafo del tipo così stabilito; il tutto, dopo avere assunto impegni, anche economici, verso cantieri, sponsors e quant’altro.

Orbene, questo modo di agire lascia trasparire, in maniera abbastanza evidente, l’intento dei vincitori di liberarsi di concorrenti insidiosi o, quanto meno, scomodi; ma non v’è dubbio che, in fondo, la colpa non possa essere addebitata in tutto e per tutto a loro. Chi mai, infatti, essendo legittimato a dettare le regole del gioco, non se le costruirebbe su misura, per facilitarsi il percorso verso la vittoria? E, tuttavia, c’è da domandarsi se ciò che queste regole disciplinano possa essere correttamente definito sport.

In tempi, dunque, di universale crisi della democrazia, come l’Italia è destinata a beccarsi, per le prossime competizioni elettorali, l’Italicum, così i concorrenti della prossima America’s Cup si sono beccati, a loro volta, un Amèricum.

(Aprile 2015)