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OMICIDIO  AL BAR

 

di Luigi Rezzuti

 

 

E’ notte fonda, le strade sono scarsamente illuminate, Enrico arriva al bar del corso. Nemmeno una luce accesa.

Ha sempre trovato Giovanni dall’altra parte del bancone col suo straccetto in mano, pronto a lustrare ogni cosa.

Il bar è chiuso, no si sbaglia, il bar non è chiuso, la porta d’ingresso è soltanto accostata.

Enrico attende un attimo prima di entrare, è strano che all’interno le luci siano spente, è strano entrare in un ambiente, normalmente illuminato, rumoroso e non vedere nessuno.

Strano anche l’odore che colpisce  le sue narici, sembra un odore mai sentito prima, sente l’odore del legno vecchio dei tavoli e delle sedie.

Nel buio vede il banco color alluminio e, dietro,  le bottiglie colorate dei liquori in esposizione e i manifesti pubblicitari di boccali di birra e di bottiglie di liquori, appesi al muro.

Raggiunge il bancone e, sul retro, steso sul pavimento, il corpo di Giovanni.

Che cosa è successo? Enrico cerca di chiamarlo, di alzarlo da terra e si trova le mani sporche di sangue.

Un tremore lo invade, apre una bottiglia di liquore e beve.

Il fuoco gli brucia lo stomaco, ma resce a calmarlo.

Non è possibile che si possa spaventare in questo modo e non essere pronto a prestare aiuto.

Enrico ha i nervi a pezzi, riesce ad accendere le luci, Giovanni ha conficcato nello stomaco una mezza lama di un grosso coltello.

Si vede che c’è stata una tremenda colluttazione, il viso di Giovanni è tumefatto, Enrico vede sul pavimento una sedia rotta.

Ha una paura forte, pensa che nel bar forse c’è ancora qualcuno nascosto.

Prende coraggio e va sul retro del locale in cerca  di qualcuno o di un indizio, sperando di poter capire cosa veramente sia successo.

Entra nel retrobottega, in una piccola cucina buia, sente un vago odore di cibo, il caos è ovunque, sono evidenti i segni della colluttazione.

Si aggira tra pentole, padelle rovesciate per terra e sportelli dei mobili aperti.

Nel ceppo d legno da sei coltelli,  ne manca uno, poi trova il manico con la lama spezzata e capisce che quella è l’arma del delitto e la raccoglie per consegnarla alla polizia.

Giovanni ha cercato di difendersi, è evidente. Sulle mura, sui mobili, sui piani di lavoro trova macchie di sangue.

Decide di chiamare la polizia, ma, all’improvviso, rompe il silenzio della notte lo squillo del telefono, Enrico si avvicina lentamente al bancone accanto alla cassa, alza la cornetta, una voce roca, evidentemente camuffata, gli dice : “Hai visto tutto, adesso non telefonare alla polizia, butta nella pattumiera quel manico di coltello, va via e dimentica, se vuoi continuare a vivere. Ti ho visto, ti riconoscerei e, se non fai quello che ho detto, ti ammazzo”.

Enrico andò subito via, si guardò bene dal telefonare dal bar, ma una volta fuori e lontano centinaia di metri, chiamò col cellulare e riferì tutto alla polizia.

(Novembre 2015)