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IL BUSINESS DEL “COCCO BELLO”

 

di Luigi Rezzuti

 

Come in ogni stagione estiva, le spiagge della nostra penisola sono invase da venditori ambulanti di ogni genere.

C’è chi vende granite di limone, orzata e menta, quello che vende ciambelle fritte, biscotti di Castellammare, noccioline zuccherate, canottini di plastica, secchielli e palettine, collane, bracciali, borse da spiaggia, aquiloni, vestiti, biancheria e quant’altro, ma il vero business è quello della vendita delle fettine di cocco, il grande affare del cocco, sul quale la criminalità organizzata napoletana ha messo le mani da tempo.

Un business che ogni estate assicura guadagni milionari ai vari clan.

I gruppi di vendita vengono organizzati in primavera e a giugno. Si parte alla volta delle principali località turistiche italiane, da Rimini a Riccione, da Viareggio all’Argentario, da Scauri  a Formia, da Vindicio a Serapo e Sperlonga e così via.

Il reclutamento del venditore viene scrupolosamente selezionato dal clan nei mesi precedenti la stagione estiva.

Condizione imprescindibile per poter  assoldare un venditore di cocco è la sua fedina penale, che deve essere rigorosamente immacolata.

Questi venditori escono la mattina e per le otto sono già in spiaggia portando il loro carico del frutto esotico, che ognuno di noi ha assaggiato almeno una volta nella vita, soprattutto al mare.

Sgobbano per dieci, dodici ore al giorno sotto il sole, percorrendo chilometri di battigia alla voce “Cocco fresco, cocco bello”

Con questo commercio abusivo, i clan che lo gestiscono, fanno affari d’oro, portando a casa, alla fine dell’estate, dai 900 mila al milione di euro ed in tal modo entrano nelle casse della camorra fiumi di soldi.

Il venditore ha l’obbligo di avvertire immediatamente “ ‘o masto” di eventuali concorrenti e questi fa capire, con le buone o con le cattive, che su quel litorale non c’è spazio per altri venditori di cocco.

La vendita del cocco termina alla chiusura dei lidi per ricominciare il giorno dopo l’apertura, agli inizi della successiva stagione estiva.

Su ogni carico giornaliero di cocco il venditore guadagna il 40% mentre al capo va il rimanente dell’incasso

La vendita del “cocco bello” è un monopolio dei clan e guai a mettersi contro l’organizzazione.

Fa rabbrividire l’idea di quanto il “sistema”, la camorra dell’Arenaccia, della Sanità, di Soccavo, di San Giovanni a Teduccio, riesca a portarsi a casa, a settembre di ogni anno, dalla vendita del cocco in spiaggia.

Le stime parlano di oltre un milione di euro per ciascun clan, soldi freschi, “puliti”, perché senza gravami fiscali, che finiscono nelle casse della camorra, denaro non tracciato e pronto ad essere riutilizzato per investire in altre attività illecite.

(Ottobre 2016)