• Stampa

TANTI AUGURI. MARADONA CHE NON TRADISCE

 

di Peppe Iannicelli

 

Napoli e Buenos Aires, il Vesuvio ed il Rio de La Plata,  i vicoli del Decumano e le grandi avenidas che conducono all’Obelisco, il tango e la tarantella.

Così lontani e così vicini questi mondi che si sfiorano e, nonostante tanto mare in mezzo, sprigionano scintille.

Non può essere altrimenti per due città sempre fuori dalle righe, nel bene e nel male.

Nell’orgasmo della democrazia ritrovata e dalle 4 giornate, nell’offesa dei rifiuti e dei saccheggi, nella fusione tra il cielo ed il mare che domina ogni dettaglio ricoprendo le camisetas più amate.

Ed un pallone che rotola da Forcella fino a Plaza de Majo inseguito da una ciurma di scugnizzi che si comprendono al volo tentando di tradurre gli incomprensibili balzi del Super Santos o della pelota.

Amo la città che trasforma in poesia anche una finestra bassa, amo la città che profuma di asado, amo la città che saltella la dionisiaca tarantella, amo la città che nel  tango disperde i suoi pensieri più cupi.

Solo l’incontro tra queste due città poteva generare il Prodigio.

Solo in questi luoghi, ed in nessun altro posto al mondo, poteva e doveva avvenire l’epifania del Fenomeno.

Luoghi di fame estrema e di lusso sfrontato, abitati da chi riesce ad essere re e pezzente allo stesso tempo,

Diego Armando Maradona è nobile, potente e patetico, meraviglioso ed osceno, El Pipe è stato la stargate che ha unito per sempre due mondi e due epoche.

Nessuno ci era riuscito prima, nessuno ci riuscirà più a farmi gioire per la sconfitta della  nazionale italiana.

Era la sera del 3 luglio 1990, l’Italia è stata sbattuta fuori dai Mondiali dalla ciurma di Diego, ma chissenefrega! Don’t cry for me, Argentina.

Ho visto Maradona ed innamorato son …

(Novembre 2016)