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DON ANTONIO CAFIERO

 

di Luigi Rezzuti

 

 

Don Antonio Cafiero era nato e vissuto nei Vergini, un quartiere di Napoli. Amava Napoli e il Napoli. Era un napoletano D.O.C.

Ne parlava con passione del suo Napoli, la sua squadra del cuore, un ideale, un sogno.

Il Napoli per lui era la bandiera del Meridione, il  simbolo di un popolo di grande cultura e dignità.

Amava il Napoli ma non lo interessavano tanto le tattiche, gli schemi, le formule calcistiche. In campo non andavano i calciatori nè i moduli. In campo andava il Napoli.

Per lui non era tanto importante partecipare ma vincere.

Una domenica mattina la moglie aveva cucinato la genovese e proprio quel giorno c’era l’incontro di calcio Napoli-Genoa e il Napoli perse in malo modo.

Per la disperazione, per il dispiacere, non ci pensò nemmeno un secondo, aprì il balcone e buttò giù in strada tutta la genovese, cucinata con tanto amore dalla moglie.

Amava il Napoli Don Antonio Cafiero e coinvolgeva tutti nella favola del pallone.

Sedeva spesso, d’estate al tavolo di un bar, in piazzetta, e subito intorno a lui si faceva gruppo: parlava a  raffica, solo ed esclusivamente del suo Napoli mentre tutti  lo ascoltavano con grande attenzione.

Si racconta che la mattina della domenica, quando il Napoli giocava in casa, spalancava balconi e finestre della sua casa, in piazza, e faceva sventolare una grande bandiera del Napoli.

Don Antonio Cafiero amava il Napoli ma non aveva mai imparato alcuna formazione a memoria.

Morì prima che il Napoli vincesse il suo primo scudetto, ma in molti dissero che sarebbe morto comunque per questo evento.

Don Antonio Cafiero era morto prima, si prima della vittoria calcistica del suo Napoli, ma nessuno di loro se n’era accorto.

Era morto prima, perché si muore quasi sempre prima che un vero sogno si realizzi.

(Gennaio 2017)