La scatola di latta
di Bernardina Moriconi
Guardavo stamattina una scatola di latta che, fino ad ieri, conteneva biscotti e ora è in attesa di essere buttata secondo i dettami del riciclo.
Mi ha ricordato altri tempi, quello in cui, a me, bambina, le scatole di latta con biscotti o caramelle venivano regalate in occasioni di festività varie, in genere dalle nonne o dalle zie anziane.
Le zie di media età si orientavano verso abitini o pigiami e quelli più giovani verso i giocattoli (sempre benedetti gli zii giovani!).
Quelle scatole di latta, però, anche se, quanto ai biscotti alla fine si mangiavano solo quelli al cioccolato e le caramelle non si è mai capito che fine facessero, avevano poi un’altra vita; esaurito il contenuto, diventavano loro il vero regalo.
Scatole ovali, rettangolari, tonde, decorate con fiori, arabeschi, animali; nessuno era sfiorato dall’idea che potessero essere buttate tra i rifiuti.
Diventavano contenitori di tutto: matite, conchiglie, cianfrusaglie di ridotte dimensioni, collane, doppioni di figurine e molto altro ancora.
Mio fratello, dopo il terremoto del Friuli, con una scatola alta e stretta, riempita di biglie, posizionata quasi in bilico su una mensola, creò un improbabile sismografo, tranquillizzandomi col dire che, di notte, in caso di una minima scossa, sarebbe subito caduto e ci avrebbe permesso di affrontare, preparati, l’eventuale scossa successiva e distruttiva.
Una notte, effettivamente cadde, con un gran fracasso che udii solo io… Corsi da mio fratello, avvisandolo dell’accaduto, in attesa fiduciosa di grandi strategie antisismiche, messe in campo dal maggiore di noi.
Egli in effetti mi tranquillizzò. “Non preoccuparti”, mi disse. E, mezzo addormentato, andò a rialzare lo scatolo, collocandolo più all’interno in modo che, in caso di altri movimenti, non sarebbe ricaduto….
A casa dei miei ho ancora stipate, in qualche cassetto, un paio di quelle scatolo; aprendole come se fossero antiche reliquie e osservando i numerosi e stravaganti oggettini conservati, riflettevo su quanto essenziale e fantasiosa, in una parola, felice, fosse la nostra infanzia che coltivava il piacere di conservare e trasformare con la fantasia. Qualità che si stanno perdendo!
Mi rendo conto che queste mie divagazioni sono un po’ da anziana signora di quelle della serie: “Ai miei tempi…” Ma, a ben pensarci, io sono un’anziana signora… E comunque, io quella scatola adesso me la vado a recuperare. A costo di tenerla vuota. Che avrebbe poi un bel significato metaforico…
(Maggio 2017)