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Miti napoletani di oggi. 54

IL "DASPO URBANO"

 

di Sergio Zazzera

 

In attuazione della Convenzione Europea di Strasburgo del 19 agosto 1985, al fine di contrastare il fenomeno della violenza nelle strutture destinate ad attività sportive, con la legge 13 dicembre 1989, n. 401, fu introdotto in Italia il “divieto di accedere alle manifestazioni sportive”, più noto con l’acronimo “DASPO”. Tale normativa ha subìto numerose modifiche, fino a quella apportata dal decreto legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito con la legge del 4 aprile del 2007, n. 41 (cosiddetta “legge Amato”).

I risultati complessivamente positivi prodotti dalla misura in questione hanno indotto il Parlamento a prevederne una analoga a «tutela del decoro di particolari luoghi», attraverso l’approvazione della legge 18 aprile 2017, n. 48, di conversione del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, rubricata «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città». Detta norma, infatti, prevede che il sindaco possa ordinare l’«allontanamento dal luogo in cui è stato commesso il fatto» di coloro che «impediscono l’accessibilità e la fruizione di… infrastrutture» pubbliche, per un tempo che va da un minimo di sei mesi a un massimo di due anni.

È agevole intuire che la prima categoria di persone, potenzialmente colpita da tale provvedimento, è quella dei guardamacchine abusivi, la cui attività trova la sua più intensa estrinsecazione proprio a Napoli (oltre che nei dintorni della città), ed è questo il motivo per cui tratto l’argomento fra i “miti napoletani di oggi”.

Perché, poi, si tratti di un mito è parimenti intuitivo. La misura, infatti, ha prodotto eccellenti risultati relativamente agl’impianti sportivi, perché si tratta di ambiti limitati sia per quantità, che per funzione, nei quali, perciò, il pubblico si reca soltanto in occasione delle manifestazioni cui è interessato, né avrebbe altri spazi nei quali recarsi in alternativa.

Viceversa, l’attività di parcheggiatore (abusivo, beninteso) è svolta da persone che, soprattutto a Napoli, operano, in maniera (para)professionale, notoriamente in seno a una vera e propria rete di gestione, la quale le rende autentiche “pedine” di un sistema, spostabili abbastanza agevolmente da un luogo all’altro.

Tutto, dunque, lascia presumere che il parcheggiatore colpito da “Daspo urbano”, relativamente a piazza X, nella quale è stato sorpreso a svolgere l’attività, domani sarà inviato a eseguire la stessa in via Y, scambiandosi di posto col suo “collega”, che fino a ieri la “presidiava”. Ora, se si pensa a quanto sia elevato, a Napoli, il numero delle “piazze” di parcheggio abusivo e a quanto sia parimenti alto quello dei parcheggiatori, il risultato che la legge si proponeva potrà essere difficilmente conseguito, grazie a questa sorta di “gioco delle tre carte”, che consente l’elusione del divieto, a tempo indeterminato. Tanto più che, prima che ciascun parcheggiatore possa essere stato collocato, in sequenza, su tutte le “piazze” disponibili, i due anni previsti dalla legge saranno ampiamente trascorsi.

(Luglio 2017)