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Miti napoletani di oggi. 55

IL NUOVO SIMBOLISMO NATALIZIO

 

di Sergio Zazzera

 

Sono molte, al mondo, le città che anelano a “toccare il cielo”: New York con i grattacieli, Parigi con la Torre Eiffel, Vienna con la ruota del Prater; magari, nel suo piccolo, anche Torino con la Mole Antonelliana. E in tempi recentissimi, anche Napoli si è sforzata di manifestare un simile anelito.

Il Natale del 2016, infatti, è stato caratterizzato, per la città, dall’“Albero” di via Caracciolo, installazione “enormemente” brutta, che, poi, si è rivelata anche un flop, sotto il profilo economico.  Per il Natale prossimo, poi, la “minaccia” è quella del “Corno”, installazione ancor più “enormemente” brutta – almeno, a quanto mostra il rendering diffuso dalla stampa –. E meno male che la Soprintendenza se n’è resa conto in tempo, anche se non è spostando l’installazione nel porto che si risolve il problema: alla “grande bruttezza” (senza offesa per Paolo Sorrentino), infatti, si va ad aggiungere il fatto che davanti ci sarebbe piazza Municipio, che così si troverebbe chiusa, a un’estremità, dalla fontana del Nettuno, opera di Domenico Fontana, Michelangelo Naccherino e Pietro Bernini (e scusate se è poco), e, all’altra, da quella mostruosità.

Dopo tutto, però, diciamocelo con chiarezza: soprattutto a Napoli, il corno, lungi dall’essere simbolo natalizio – cioè, religioso –, è piuttosto simbolo superstizioso – cioè, antireligioso –. Semmai, lo si potrà considerare simbolo postmoderno, intendendosi la postmodernità nel senso di postverità, la quale, poi, costituisce la configurazione odierna del mito: e qui il falso linguaggio risiede nel carattere effimero dell’installazione, rispetto al suo “tendere al cielo”, cioè a un “infinito spaziale”, che contrasta col “finito temporale”.

Tutt’al più, dunque, si potrà ammettere che il corno sia simbolo napoletano, nel senso che rappresenti ciò che la città ha ricevuto finora dalla sua amministrazione.

(Ottobre 2017)