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Nascita della stazione di Napoli Centrale

 

di Antonio La Gala

 


Tutti i napoletani, quelli meno giovani, per esperienza diretta, gli altri, attraverso l’iconografia, in particolare mediante le cartoline illustrate, conoscono la vecchia stazione ferroviaria di“Napoli Centrale”, quella con gli archi.

Sotto quegli archi sono passati per quasi un secolo gioie e dolori di generazioni di concittadini: coppie che partivano gioiose per il viaggio di nozze; mamme angosciate che salutavano i figli, vedendoli partire per le numerose guerre che, scelleratamente, da fine Ottocento agli anni Quaranta del Novecento, hanno decimato le famiglie italiane.

Ma quando è comparsa quella stazione?

All’atto dell’Unità d’Italia, nonostante il tanto strombazzato primato della mitica Napoli-Portici, la rete ferroviaria del meridione contava solo due brevi linee, una fino a Nocera con diramazione per Castellammare, e la Napoli-Caserta-Capua. In tutto poco più di cento chilometri contro i duemila del resto d’Italia: il 5% per una estensione di mezza Italia. Partiti per primi, i treni borbonici risultarono ultimi.

Dopo l’Unità d’Italia, Napoli doveva essere collegata al resto della penisola. Si cominciarono, perciò, a realizzare nuove linee verso Napoli e una nuova stazione a cui attestarle adeguatamente. 

 Nel 1861 il Governo concesse a privati la realizzazione delle nuove linee e della stazione, e cominciarono pure i relativi lavori.

I principali progettisti di Napoli Centrale sono considerati Nicola Breglia, (l’autore della tomba di Leopardi e degli edifici attorno alla galleria Principe di Napoli), Carlo Paris, Raffaele Spasiano, Ludovico Bonino ed Alfredo Cottrau. Ma in realtà non si può individuare un unico autore della stazione, perché essa fu costruita secondo un progetto continuamente modificato da molte mani. In effetti i lavori per la stazione iniziarono senza che esistesse già un progetto ben definito, e il suo assetto definitivo fu il risultato di numerose varianti e modifiche, apportate ad un progetto originario del 1860-61, il quale ricalcava quello per la stazione di Milano, che peraltro prevedeva una stazione piuttosto diversa da quella che poi fu realizzata.

Urbanisticamente gli ideatori della stazione si proponevano di insediarla nel tessuto urbano come una porta d’ingresso nella città, ma la costruzione di una nuova grande stazione, diversa dalle due borboniche, già esistenti in Corso Garibaldi, al centro di un’area destinata alla futura espansione urbana, area che la presenza della nuova stazione andava a rivoluzionare, fu accompagnata da polemiche.

La scelta di insediarsi in quell’area inedificata, fra l’Arenaccia e Corso Garibaldi, fu avversata in particolare dal Comune, per la verità non completamente a torto.

Qualcuno propose addirittura di spostarla quando la stazione era stata già in parte costruita.

Finalmente la stazione fu aperta al traffico il 7 maggio del 1867.

I suoi binari rimasero scoperti ancora per tre anni, prima che agli inizi del 1870 si desse mano alla costruzione di una tettoia in ferro e vetro, opera di Alfredo Cottrau, che in quegli anni andava coprendo di tettoie in ferro le stazioni di tutta Italia. L’allora moderna struttura della copertura di Cottrau ben si coniugava con gli archi e timpani classici delle parti in muratura.

Architettonicamente fu realizzata in un sobrio stile neorinascimentale, seguendo le tendenze della cultura architettonica di quegli anni, in un linguaggio comunque estraneo a quello tradizionale di Napoli.

La stazione, con pianta ad “U”, aveva una facciata principale a doppio ordine, con loggia centrale e due blocchi laterali di testata, un portico perimetrale a piano terra, sale d’attesa, anch’esse differenziate (da quella “reale”, per soste di membri della famiglia reale, a quella, all’estremo qualitativamente opposto, “speciale” per gli emigranti), oltre ai necessari ambienti di servizio (biglietteria, ufficio telegrafico, amministrazione).

La nuova stazione si articolava in due fabbricati distinti, con una disposizione differenziata degli accessi: uno per le partenze e l’altro per gli arrivi. Il servizio si svolgeva quindi lungo le ali laterali, dove confluivano anche le carrozze pubbliche e private.

Dopo qualche anno l’impianto già era oggetto di critiche e lamentele per l’angustia e insufficienza degli spazi e perché, come scriveva la stampa, “si evidenziano i difetti di costruzione e in particolare nella tettoia”.

In un primo momento la stazione non era collegata direttamente con il centro di Napoli, perché per collegarla occorreva attraversare il vecchio agglomerato urbano. Per andare dalla stazione al centro si percorreva Corso Garibaldi fino alla Via Nuova Marittima e lungo questa si raggiungeva Piazza Municipio. Il collegamento diretto con il centro sarà realizzato alla fine degli anni Ottanta, quando il Risanamento aprirà Corso Umberto.

Nelle immagini più antiche, davanti la stazione, fra omnibus e carrozzelle, compare un giardino semicircolare, con un’aiuola da cui spuntava una statua della sirena Partenope, che negli anni Venti del Novecento verrà spostata in Piazza Sannazaro.

L’assetto, finora descritto di Napoli Centrale, rimase sostanzialmente stabile fino agli anni Venti del Novecento, quando la stazione subirà un primo rimaneggiamento interno in occasione del suo allacciamento alla direttissima Roma-Napoli e diventerà, contestualmente, anche stazione della metropolitana per Mergellina-Pozzuoli, come vedremo in un successivo articolo su questa stazione napoletana.

(Novembre 2017)

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