L’esilio della bellezza
di Gabriella Pagnotta
Qual è il valore del limite oggi? I limiti sono qualcosa da temere, da mantenere, da costruire o da superare?
Nel tempo, il concetto di limite si è modificato e molti confini fisici e intellettuali sono crollati, non solo luoghi lontani sono diventati vicini ma anche i misteri della natura sono stati indagati e svelati; molte libertà sono state conquistate e ponti costruiti, ma, nello stesso tempo, tanti dogmi e tabù si sono rafforzati e nuove forme di limiti sono state imposte con la violenza.
Un atteggiamento di eccessiva fiducia nei poteri della razionalità, la poderosa arma che tutto spiega e risolve, ha contraddistinto il pensiero occidentale: ci si è affidati al filo della ragione per liberarsi dalle forze animalesche che vivono nei meandri labirintici nascosti in ognuno di noi. Contro le illusioni delle sensazioni soggettive, l’intelletto ha messo in guardia dalle passioni che ingannano e ha invitato a credere solo nel cogito che controlla, afferra e domina tutto. E così è calato il silenzio su tutte quelle dimensioni esperienziali che sfuggono alla presa della ragione sistematizzante. Un atteggiamento dicotomico caratterizza il nostro modo di essere e pensare: ragione-sogno, logos-pathos, oggettività-soggettività… come se noi dovessimo scegliere tra l’uno o l’altro e mantenere la scelta costantemente in tutta la nostra esistenza. Alte barriere sono state erette all’interno di ognuno di noi, spingendoci ad osservare la realtà con uno sguardo parziale, barriere che ci hanno separato da noi stessi e dagli altri. Contro la pretesa di autosufficienza del cogito cartesiano, pensatori, come il filosofo Bataille, insorgono per portare “la passione nell’intellettualità”, per smascherare la presunta sicurezza di un Io che non è padrone nemmeno in casa propria. La razionalità, di cui avremmo dovuto fidarci, con la quale avremmo dovuto spiegare il mondo attraverso un “discorso” logico e consequenziale, appare ora manchevole, incompleta, nuda come i milioni di Ebrei nei campi di concentramento. Può la ragione rendere conto di tale manifestazione del non-senso e dell’orrore?
Il soggetto di Bataille è un essere integrale, immerso nell’esistenza “come acqua in mezzo alle acque”, che accetta la sua finitudine, imperfezione, negatività, incompiutezza e impossibilità, i limiti del sapere e dell’esistenza. Il nuovo Io ferito, senza certezze né ripari, un Io che non nega nulla, volge il suo sguardo verso l’Altro, sguardo che scopre la bellezza, scevra dalle rigide leggi di un sistema, legato alla mera produzione di cose e al loro incessante e disperato consumo. Seguendo il pensiero di Bataille, continuando sulla strada da lui tracciata, è la bellezza, figlia della misura e del limite, che dobbiamo recuperare, quella bellezza che Camus aveva visto esiliare e per la quale i Greci avevano preso le armi: “la nostra Europa, lanciata alla conquista della totalità, è figlia della dismisura. Essa nega la bellezza come nega tutto quello che non esalta. E, per quanto in modo diverso, esalta una sola cosa: l'impero futuro della ragione”1.
Se fossi albero tra gli alberi o gatto tra gli animali,
questa vita avrebbe un senso
perché farei parte del mondo.
Io sarei quel mondo, al quale mi oppongo ora con tutta la mia coscienza…
Questa ragione tanto inconsistente
è quella che mi pone contro tutta la creazione2.
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1 A. Camus, L’estate e altri saggi solari, Bompiani, Milano 2013.
2 A. Camus, Il mito di Sisifo, in Opere. Romanzi, racconti, saggi, Bompiani, Milano 2003.
(Maggio 2018)