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Napoli Ottocento, come venivano i turisti

 

di Antonio La Gala

 

Negli anni Venti dell’Ottocento cominciarono a crescere i flussi turistici verso Napoli, grazie sia al miglioramento dei trasporti e sia alla stabilità politica nel regno borbonico dopo le turbolenze del periodo napoleonico.

Erano gli anni del Gran Tour. Il flusso annuo dei visitatori agli inizi degli anni Trenta si aggirava intorno ai 6.000 turisti, per raddoppiare alla fine degli anni Cinquanta.

Cifre che è difficile paragonare a quelle odierne, perché non sono minimamente paragonabili fra loro le modalità di trasporto di allora, imperniate sui cavalli, e le modalità attuali, che si avvalgono della combinazione di aerei, auto e treni.

Ai tempi del Gran Tour i Tedeschi interpretavano i viaggi come strumento di formazione culturale; gli Inglesi, con il loro pragmatismo, e suscitando l’ironia dei Tedeschi, li trasformarono in comodo turismo e in businnes.

Tradizionalmente i turisti venivano nella nostra città passando per Roma.

Dal Cinquecento in poi, per spostarsi da Roma a Napoli, percorrevano circa 340 km. lungo la via Appia, con stazioni di posta dove potevano anche pernottare, impiegando quattro giorni. Con il potenziamento del servizio postale, attorno al 1830 il viaggio si riduceva a sole 33 ore.

Per evitare gli scomodi viaggi per via di terra, alcuni sceglievano i viaggi per mare. Da Civitavecchia partivano piccoli “vapori”, i cosiddetti “vaporetti”. Servizi di “Vapori di linea” erano poi attivi da Livorno e da Genova.


Per via di mare a Napoli altri giungevano nel corso di crociere nel Mediterraneo, come ad esempio Thomas Mann a fine secolo.

Il mare serviva come via di comunicazione anche fra Napoli e le più note località d’escursione: Sorrento, Capri, Ischia. Dalla metà del secolo questi collegamenti marittimi erano regolari, mediante un servizio di battelli, chiamati “navi mercato”.

Il salto più significativo, nel miglioramento dei collegamenti, lo fece compiere l’introduzione della ferrovia.

Il tratto fra Napoli e Torre Annunziata, con la diramazione per Castellammare, della linea borbonica Napoli-Nocera offriva ai turisti la fruizione di un lungo tratto della costa, dei giardini della reggia di Portici, delle ville settecentesche del Miglio d’Oro, del Vesuvio, delle città sepolte di Pompei ed Ercolano, una vera  full immersion nella natura, nella storia e nell’arte. Inoltre da Ercolano si poteva scalare il Vesuvio.

Nel 1842 il periodico “Salvator Rosa” definiva questo tragitto il “più bel tratto a rotaje di ferro che s’abbia l’Europa [...] non un viaggio in quelle magnifiche tombe di vecchi ruderi che si dicon musei, ma in aperto smisurato museo che diremo vivente”. Oggi diremmo un museo all’aperto.

Per collegare Napoli con Roma, ed oltre, per ferrovia occorrerà aspettare gli anni Sessanta quando fu costruita la linea Roma-Caserta-Napoli  e fu aperta la stazione di Napoli Centrale. Si trattava però sempre di viaggi scomodi.

Fino alla prima guerra mondiale per percorrere i 250 km. della linea si impiegavano dalle 8 alle 11 ore. Il “direttissimo”, l’Alta Velocità di allora, impiegava dalle 5 alle 6 ore.

Negli stessi anni Napoli era collegata anche direttamente, mediante appositi treni Express, con città lontane, come ad esempio Berlino. Il viaggio Berlino-Napoli durava quasi 40 ore, comprese le soste durante le quali i viaggiatori potevano scendere dal treno per mangiare nel ristorante di stazione, oppure farsi portare un cestino in carrozza.

Negli ultimi anni dell’Ottocento altre opportunità per i turisti le offrirono la funicolare del Vesuvio e la Cumana verso i tesori della zona flegrea.

Tutto quanto detto sopra evidenzia che nell’Ottocento i turisti per raggiungere Napoli affrontavano comunque dei disagi: è segno che la città attraeva.

(Ottobre 2018)