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Pittura napoletana fra Otto e Novecento. Tradizionalisti e innovatori   di Antonio La Gala        Fra il 1860 e il 1880 la pittura napoletana accrebbe...
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CALCIOMERCATO DI SERIE A - SESSIONE INVERNALE   di Luigi Rezzuti   Il calciomercato invernale è iniziato ufficialmente il 2 gennaio 2023. A partire da...
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    Gita sul Vesuvio   di Alfredo Imperatore   Il venir meno al vincolo matrimoniale, da parte di uno dei due coniugi, è una delle cause di addebito...
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  Gli sciaraballi   di Antonio La Gala   Nell'Ottocento, fino all'avvento della ferrovia, lo stato dell’arte nel campo dei trasporti per via di...
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Cento idee per l’albergo dei poveri   di Luigi Rezzuti   Palazzo Fuga, l’imponente edificio di piazza Carlo III è diventato un palazzo che pullula...
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Siamo degli sconfitti           di Mariacarla Rubinacci    I “favolosi anni Sessanta” coprono un arco storico abbastanza ampio che comprende...
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Da Nicola Garofano Riceviamo e pubblichiamo   Cardinal Cafè & Champagne apre le porte al pubblico con sapori internazionali Il Cardinal non...
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Miti napoletani contemporanei.65 “SUPER-NAPOLI”   di Sergio Zazzera   Qualche tempo fa ho parlato del “mito-Napoli”; come se non bastasse, ora il...
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 “Il broccolo”   di Antonio La Gala   Testimonianze della vita artistica e letteraria napoletana a cavallo fra gli anni Quaranta e Cinquanta ci...
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E’ TORNATA LA NORMALITA’

E’ TORNATA LA NORMALITA’

 

di Mariacarla Rubinacci

 

Ben tornata Normalità. Sono due anni che non ci vediamo. Cosa hai fatto? Dove sei stata?

Ah, io? Ho ben poco da raccontare. Casa…Chiesa… (come si dice), dove la chiesa erano i supermercati e la farmacia, tutti coperti da una mascherina FFp2 per non capire se nascondevamo un ghigno o un sorriso. In casa, avanti e indietro tra il tinello, la televisione, il divano, il letto. Un viavai di…assenze, soli sul balcone a fare un ciao striminzito alla famiglia affacciata sul balcone di fronte, soli senza poter abbracciare i nostri figli e nipoti. Soli aggrappati con frenesia allo smartphone che ci metteva in una comunicazione silenziosa, fatta di faccine ora ridanciane, ora rosse di rabbia, fatta di parole scritte. Chiusi in casa comunicavamo in modo virtuale, facevamo ginnastica in una palestra virtuale, cucinavamo scambiandoci ricette sempre virtuali. Ora possiamo stare vicini, vicini, fare una passeggiata tra la gente, andare a pranzo in un ristorante, andare al teatro, al cinema, allo stadio, finalmente ci assembliamo sugli autobus, in metropolitana e pensiamo; “E’ tornata la Normalità”.

(Giugno 2022)

COSTUME DA BAGNO

STORIA DEL COSTUME DA BAGNO

 

di Luigi Rezzuti

 


L’estate si avvicina a passi da gigante, è tempo di fare il primo tuffo in mare, e tempo di metterci in costume! Ma vi siete mai chiesti quale è la storia di questo indispensabile capo? In realtà il costume da bagno affonda le sue radici nell’antica Roma. Durante il Medioevo e Rinascimento non c’era l’abitudine di andare al mare, venivano piuttosto preferite le terme, dove ci si immergeva generalmente senza vestiti, salvo qualche mise da bagno. Soltanto nel 1750 a Parigi si diffonde la moda dei bagni, sia al mare che al lago. Viene creato per l’occasione un abito con corpetto e calzoni. Con l’arrivo del XIX secolo le donne iniziano ad immergersi in mare con costumi chiusi al collo e con tanto di parasole per proteggersi dai raggi ed evitare la tintarella- col finire del secolo gli abiti si accorciano leggermente e i completi generalmente sono arricchiti con decori marinari e fanno la loro comparsa le prime magliette a righe bianche e blu. Le scarpe diventano traforate munite di lunghe stringhe da allacciare intorno alla caviglia, mentre in testa spopolano i foulards. All’inizio del ‘900 si diffonde la consuetudine del soggiorno al mare, Rimini, Viareggio e il Lido di Venezia diventano famose località balneari, pertanto dotarsi di un look adatto diventa fondamentale, appaiono i primi costumi interi. Nella prima decade del ‘900, gli itinerari termali vengono preferiti al mare. E’ l’epoca di Salsomaggiore, Fiuggi e Montecatini. Si iniziano ad usare capi in lino bianco arricchiti da ricami e merletti il tutto accompagnato da cappelli riccamente decorati e dall’immancabile parasole bianco. In perfetto stile Belle Epoque. Per il nuoto fanno la loro comparsa le prime cuffie da bagno sportive, simili a quelle attuali. Ne corso degli anni Venti molti dei vincoli legati alla moda si sciolgono. I costumi degli anni Venti sono costruiti da corte gonnelline con la cintura sui fianchi, oppure atletici costumi da nuoto, sfiancati e aderenti, senza maniche, sempre abbinati a calzoncini che arrivano a metà coscia. Le donne proteggono il capo con cappellini o cuffie da bagno. Negli anni ’30 si prediligono costumi in tinte chiare, spesso coordinati da giacca e borsa da spiaggia con decori marinari. Nel frattempo le idee naturistiche sui benefici del sole e dei suoi raggi, fanno ridurre ulteriormente la stoffa con cui vengono confezionati i costumi da bagno. Le scollature sulla schiena si ampliano, e dal 1932 i pantaloncini si staccano del tutto dal corpetto, i costumi diventano a due pezzi, aderendo perfettamente al corpo. Per coprirsi si iniziano ad utilizzare i primi parei insieme a vestagliette a stampa floreale.


La grande rivoluzione arriva nel 1946 quando viene lanciato il “bikini”. La ridotta mutandina che lascia scoperto l’ombelico, provoca un autentico choc, tanto che il suo utilizzo veniva punito dalle forze dell’ordine per oltraggio al pudore. Si continuano anche ad utilizzare costumi interi. Negli anni ’60 si utilizzano costumi da bagno interi o due pezzi con coppe rigide e fantasie decise e vistose. In questi anni fa la sua comparsa anche il monokini, un bikini con una sottile striscia e tutto il resto in vista. Sulla scia della rivoluzione dei costumi, questi si restringono ancora. Il pezzo di sopra diventa un mini triangolo dai colori vibranti. Gli anni a venire danno spazio al topless e all’intramontabile bikini sempre più succinto e al costume intero.

(Giugno 2022)

Benedetta primavera

Benedetta primavera

 

di Luciano Scateni

 

Ironia? Satira? L’una e l’altra: m’incammino sulla retta via dell’empatia quasi affettuosa per l’ex testata che in oltre 10 lustri ha raccontato l’Italia e il mondo con il linguaggio della democrazia di sinistra, mai inciampata nel rischio dell’estremismo, ma saldamente ancorata alla linea editoriale progressista: con la primavera è sbocciato un impeto di riconoscenza amorosa per l’inversione a ‘U’ del quotidiano la Repubblica, ‘comprato’ dalla Fiat e affidato alle cure di Molinari direttore, collaudato interprete dell’Elkann pensiero, ovvero de  vertici della Confindustria guidata da un presidente molto ‘padre padrone’. Finalmente è chiara la transizione in ambito politico lontano dalle origini. Ieri il giornale fondato da Scalfari, si è superato, ha prefigurato il ruolo opportunista di un chiaro ‘sto dalla parte del potere’, perché finito nelle mani della destra, fino ad azzardare consenso al finto liberismo della Meloni che prova a mascherare la connivenza con il fascismo della destra estrema. La cosiddetta ‘convention’ milanese, messa in scena da Fratelli d’Italia come prova generale della macabra, paventata aggressione all’Italia democratica. La ‘borgatara io sono Giorgia’, convinta di governare una volta occupato con la fiamma tricolore palazzo Chigi, ha messo a nudo il pigro buonismo del Paese, che sorvola sul dettato costituzionale e la legge disconosciuti, per colpevole tolleranza dell’esplicita nostalgia del Ventennio e di recente sulle saluto fascista dei fans della Meloni ai piedi del palco, che ha ospitato la diffusione del suo programma destrofilo di governo e perfino indiscrezioni sui candidati all’esecutivo di destra. Fatti loro? Purtroppo no, dal momento che a prescindere da lodi e gaudio della stampa ‘amica’, ieri anche la Repubblica ha regalato alla Meloni due pagine e mezzo, un’accurata elencazione delle sue intenzioni ‘governative’, senza un rigo, un aggettivo, un ‘nota bene’ critico su punti programmatici. Attuati omologherebbero l’Italia ai Paesi sovranisti, che inquinano la democrazia di mezzo mondo. Con spiccata intraprendenza, la Repubblica affida l’endorsement per la Meloni premier al saltellante Orsini (lunga intervista), ospite televisivo seriale di ogni strumento dell’informazione. Al professorino non par vero di recitare il ruolo di ‘Pierino il terribile’, ospite ambito, anche di talk show per nulla destrorsi di La7 (‘Il martedì’, di Floris, ‘Piazza pulita’ di Formigli’) intervistato con l’obiettivo di creare ressa mediatica a favore degli ascolti, citato nel format dell’inguardabile Giletti di ‘Non è l’arena, che ieri sera ha fatto l’en plein di sconcezze on le ridondanti presenze di Salvini, del fuori di testa Santoro.

In poche parole: vuoi vedere che il the end della guerra in Ucraina se lo aggiudica il dictator turco Erdogan, ben visto dal dictator Putin?

Israele non ci sta e censura il ministro degli esteri russo Lavrov, autore di queste ingiuriose castronerie: “Zelensky è ebreo e non può essere nazista? Anche Hitler aveva origini ebree, i maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei”.

Lavrov bis: “Dichiarazioni di politici e media italiani vanno oltre le buone norme diplomatiche e giornalistiche. L'Italia è in prima fila tra coloro che adottano e promuovono le sanzioni anti-russe. Pensavamo che l'Italia, grazie alla sua storia, sapesse distinguere il bianco dal nero”. Errore, l’Italia distingue tra aggressori e aggrediti. “Chi importa gas russo, come l’Italia, deve pagare in rubli perché ha rubato a Mosca le riserve in dollari e in euro”.  

Nasce una polemica largamente condivisa: ospitare in Tv, o no, personaggi che mistificano la realtà, che mentono spudoratamente e negano l’evidenza (Ucraina: “false le stragi di civili, le fosse comuni, le violenze disumane documentate da immagini inequivocabili)”, peggio se in assenza di contradditorio? Se la risposta fosse ‘no’, configurerebbe la limitazione della libertà di opinione? Con il ‘sì’ avrebbe ragione la scelta di evitare conseguenze nefaste della mancata comprensione della verità, pericolo corso in questi due anni dando voce ai No Vax.

(Maggio 2022)

15 MAGGIO 2022

15 MAGGIO 2022: NAPOLI ACCLAMA SANTO DON GIUSTINO MARIA RUSSOLILLO

 Basterebbe poco per rendersi santi.

 

di Luciana Alboreto

 

Una voce accogliente e non stridente, una mano tesa e non lacerante, un sorriso rassicurante e non acredini gratuite. Una quotidianità vissuta nella semplicità del donarsi, nella gioia riscoperta alla luce di ogni alba e nelle difficoltà riposte all’imbrunire di ogni tramonto.

Il 15 maggio 2022 Papa Francesco, visibilmente provato dagli esiti della pandemia e dai devastanti eventi bellici, con tono partecipato e commosso, ha presieduto il rito di canonizzazione di dieci Beati, tra cui il campano Don Giustino Russolillo. Dal Sagrato della Basilica di San Pietro, per la prima volta dopo gli anni critici dell’emergenza sanitaria, alla presenza delle Autorità e del popolo dei fedeli, si è elevata la voce del Pontefice, tenera e disarmante. “La santità non è fatta di pochi gesti eroici, ma di tanto amore quotidiano… di dedizione alla famiglia, al lavoro, al bene comune… senza avidità e competizione… condividendo i carismi e i doni di Dio… non pensando a compiere atti eroici, ma ad essere fedeli a questi comportamenti”. E Santo è stato proclamato anche Don Giustino Maria Russolillo, noto come il “Santo di Pianura”. Nato nel 1891 nel quartiere napoletano, si formò al seminario di Pozzuoli divenendo sacerdote nel 1913. Nel 1920 fu Parroco nel suo quartiere di Pianura, vivendo con profondità spirituale il suo apostolato e impegnandosi a fondare una congregazione religiosa “Per il culto delle vocazioni di Dio alla fede, al sacerdozio, alla santità”. Dal fervore di questi intenti furono fondate le congregazioni dei Vocazionisti. Morto nel 1955 e beatificato il 7 maggio 2011, visse come “Il sacerdote che ha la missione di giovare alle anime”. Spese la vita per i giovani e per rendere unite le famiglie in nome della Pace. Confidava nella cultura e nell’intelligenza di ognuno che potesse essere contributo fruttuoso nella società. Il 27 ottobre 2020 Papa Francesco autorizzò l’approvazione del Decreto di Santità grazie ad un miracolo attribuito all’intercessione del Beato Russolillo, riguardante la guarigione di un giovane religioso vocazionista originario del Madagascar colto da un grave malore e salvatosi dal coma dopo che gli era stata apposta una sua immagine, sul corpo gravemente malato. La sua canonizzazione è Luce di speranza per la città di Napoli che, attraverso il carisma dei vocazionisti, promuove la formazione spirituale e culturale di chi è sinceramente votato alla vita religiosa.

(Maggio 2022)

BORGHI ABBANDONATI

BORGHI ABBANDONATI

 

di Luigi Rezzuti

 

Questa nostra gita fuori porta potrebbe iniziare come un racconto col classico “c’era una volta”

C’era una volta un borgo operoso, pieno di case, botteghe e contadini, rallegrato dal vociare dei bimbi che scorrazzavano per le strade rincorrendosi.

Poi, per vari motivi l’abbandono, il silenzio al posto delle voci, la vegetazione che avvolge le case, le porte divelte, i muri scrostati, la vita che se n’è andata via.

E’ il destino di molti piccoli borghi lasciati dopo secoli di vita per avversità naturali.

Anche in Campania vi sono diversi borghi, alcuni ben conosciuti, altri meno, spopolatisi in epoche relativamente recente per svariati motivi hanno in comune le pietre, le case ancora in piedi o ridotte a pochi resti, la presenza di manufatti che ricordano le attività di un tempo.

La primavera è ormai arrivata, i primi tiepidi raggi del sole ci riscaldano e ci invitano ad uscire all’aria aperta.

Abbiamo deciso di fare delle passeggiate domenicali andando alla scoperta di piccoli borghi abbandonati, un’ottima occasione per stare in famiglia o con amici.

Basta spostarsi di qualche chilometro per trovare angoli suggestivi e particolarmente ameni: borghi, castelli e chiese.

Siamo andati ad Aquilonia, un borgo medievale che prima si chiamava Carbonara per la presenza sul suo territorio di particolari pietre che contenevano petrolio e che bruciavano con fiamma viva come carboni.


Questo piccolo borgo abbandonato per sempre dopo il terremoto del 1980 ha un fascino avvolgente, dove si percepisce pienamente l’interezza e la presenza di un assordante silenzio.

Abbiamo incontrato un’ampia piazza con una chiesa settecentesca e una bella fontana di pietra da cui sgorga generosamente acqua.

Abitazioni con porte spalancate, stanze vuote, cucine in muratura, piccoli oggetti rimasti abbandonati, botteghe con scritte sbiadite che ricordano le attività di un tempo, eppure, nonostante l’apparente silenzio viene interrotto solo dal vociare di turisti che nel fine settimana si aggirano incuriositi tra le case e le botteghe e da una frequentazione da parte dei suoi vecchi abitanti.

Ad ogni buon conto è stata un’esperienza da rivivere quella di stamattina, magari, più in là in un altro piccolo borgo abbandonato per vivere un’altra meravigliosa avventura.

(Marzo 2022)

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