Spigolature
di Luciano Scateni
Voglia di tregua
Scoppia la pace. L’Italia, il mondo intero, nelle piazze dei cinque continenti, si veste di arcobaleno. Si astengono dallo “stop Putin, stop war”, la Cina, perché motivata dalla crescente incompatibilità con gli Stati Uniti e pronta a replicare l’espansionismo neocolonialista della Russia con l’annessione di Taiwan, delle sue ricchezze naturali. Si associano l’India, economicamente dipendente dalla Russia, dalla Cina e la Corea del Nord, succursale di Putin, ma anche alcune oasi territoriali africane. Votano contro, virtualmente, esplicitamente, frange italiche di filo putinismo. La straordinaria mobilitazione di questi giorni è, insieme, tardiva e incalzante. Si fa strada la consapevolezza di retroscena che poco o nulla hanno a che fare con la follia della guerra fratricida, spacciata per rivendicazioni nazionaliste da Putin e Zelensky. L’obiettivo dei due belligeranti è palese: appropriarsi di territori gratificati dalla natura con preziose risorse naturali. Su questa disputa hanno rapidamente speculato i ‘signori delle armi’, i despoti che monopolizzano le risorse energetiche, la politica.
L’incontestabile presupposto dell’aggressione russa a un Paese sovrano ha spento, sul nascere, le istanze del pacifismo, l’impegno alla neutralità attiva, dettata in Italia, e purtroppo non altrove, dalla Costituzione per scongiurare una nuova tragedia, dopo settantacinque anni di quiete mondiale, con alcune eccezioni. A tappe, tutt’altro che forzate, l’idea di una guerra dissennata, non dichiarata, tra Stati Uniti, Europa e grandi potenze dell’Est ha provato a irrobustirsi per contrapporre motivazioni umanitarie alla ignominia di vittime innocenti, città rase al suolo, milioni di Ucraini in fuga dalla loro terra, di vite brutalmente spezzate. Il mondo ha finto di mediare, di collocare Putin e Zelensky uno di fronte all’altro per un risolutivo regolamento di conti. Altrettanti bluff.
A imbavagliare le speranze hanno concorso l’evidente timidezza dei movimenti pacifisti, le indecisioni onnicomprensive di pro Zelensky e pro Putin, il pensiero unico a difesa dell’indipendenza ucraina senza se o ma e, sul fronte opposto, il diritto ad annettere l’Ucraina per impedire l’espansione dell’Europa e della Nato ai confini diretti con la Russia.
Se il mondo si mobilita, se l’Italia fa altrettanto, dopo un anno intero di accettazione quasi passiva della guerra, di forte disagio sociale, di contrapposizioni politiche sterili e ora risponde “presente” alle manifestazioni per la pace, sollecitate dall’accorato appello di Papa Francesco, è forse meno impossibile la missione di far tacere le armi, di sanare il vulnus di un conflitto crudele, di porre fine ai crimini contro l’umanità.
Conforta che Wellington (Nuova Zelanda), New York (Stati Uniti) e, in Europa, Roma, Milano, Napoli, città dove risiedono cittadini russi e profughi ucraini sensibilizzino il mondo sulla tragedia della guerra.
(Marzo 2023)
REPORTAGE DALL’UCRAINA
“Viaggio tra la gente scampata dalle bombe e i feriti ricoverati in ospedale”
A cura di Luigi Rezzuti
Giovanni e Daniele due reporter di una emittente televisiva italiana sono a Dnipro, dove il russo è la lingua corrente ma nessuno vuole diventare russo.
I due reporter si immergono completamente nella realtà della guerra nelle sue storie di sofferenza.
Visitano le strutture di accoglimento dei profughi e l’ospedale dove arrivano decine e decine d feriti.
Sono passati nove mesi dall’invasione cominciata con una colonna di chilometri di carri armati russi che puntavano verso Kyev.
Nove mesi durante i quali sono morte migliaia di persone, soldati e civili, sono state ritrovate fosse comuni lasciate sul campo dai militari dell’esercito russo, ci sono state deportazioni forzate di cittadino ucraino dalle zone occupate verso la Russia e poi violenze e soprusi.
E la pace? Sembra lontana anche se la controffensiva sul campo delle truppe di Zelenski, che ha permesso di riconquistare decine di villaggi e 3.000 chilometri quadrati di territorio e l’azione congiunta di sanzioni e invio delle armi da parte delle Nazioni occidentali., stanno mettendo in grande difficoltà gli invasori.
Alcune persone del posto accompagnano Giovanni e Daniele a vedere con i propri occhi tutte le atrocità, i crimini di guerra del dittatore Putin.
E’un’immersione completa nella realtà della guerra e nelle sue storie di sofferenza.
Giovanni e Daniele vanno a visitare le strutture di accoglienza dei profughi, incontrano Sarhili, 23 anni, ha subito l’amputazione di un piede, spappolato sun una mina; Elena proveniente da Pokrovsk, cittadina della regione del Donetsk, che racconta: “Sono stata prima picchiata più volte e poi violentata dai militari russi”.
Nella stessa stanza dell’spedale Luba, 14 anni, e a sorella Valeria di 10 scampate dalla stessa città, sotto le bombe, ora vivono qui con la mamma.
Oxana, 12 anni, va incontro a Giovanni e Daniele sfoderando il suo inglese e mostra contenta un suo gattino. E’scappata dal suo villaggio con la mamma, la sorella Milana si intristisce e si emoziona quando incominci a raccontare le loro disavventure di guerra.
Yulia, con l’anziana madre e il figlio piccolo ha lasciato Lysychansk, una città di 100.000 abitanti nella regione di Lagansk e racconta la sua storia che è quella di tanti altri: “Era impossibile vivere lì, la nostra casa è stata completamente distrutta. Oggi li non ci sono elettricità, gas, acqua corrente, la gente cucina sul fuoco per strada o nei cortili. Abbiamo contatti sporadici tramite amici, sappiamo che i russi hanno fatto un referendum anche li. Che senso ha, la popolazione è scappata in Europa, chi è rimasto è perché non c’è l’ha fatta ad andarsene. Nessuno vuole diventare russo, quei pochi che sono in Russia li hanno deportati”.
Kostia, 32 anni, minatore di carbone, viene da Vugledar, nella regione del Donetsk, la città e il suo ospedale sono stati bombardati dai russi e racconta: “I bombardamenti erano quotidiani, ci siamo rintanati nei rifugi sotterranei, i russi hanno sferrato un grande attacco, io e un amico siamo stati colpiti da un colpo di mortaio, lui ha perso una gamba e un braccio, io sono stato ferito gravemente alle mani, allora non ho potuto fare altro che scappare, aiutato dai soldati ucraini”.
Nel racconto Kostia diviene un fiume in piena: “i russi devono essere isolati dalla società civile con sanzioni, altro che liberazione, quello che stanno facendo è un genocidio, se qualcuno pensa che noi dobbiamo smettere di combattere, dovrebbe venire qui. Se noi smettessimo, perderemmo la nostra libertà e anche la nostra vita”.
Nella stessa struttura di accoglienza vi sono persone disabili e famiglie numerose che non hanno potuto ancora trovare una sistemazione o che, semplicemente, non vogliono saperne di andarsene lontani, in un paese che è di loro, rimangono vicini alla loro terra.
Uno di loro racconta: “quando è cominciata la guerra a Kharkiv era difficile capire cosa stesse succedendo, ci siamo rifugiati nei tunnel della metropolitana, come quasi tutti quelli che non hanno potuto scappare. Siamo stati svegliati dalle bombe russe all’alba, poi Kharkiv è stata bombardata molte volte al giorno e anche di notte. Abbiamo passato quattro mesi così, poi siamo venuti qui e ora aiutiamo gli altri profughi. Ora a Kharkiv si vive meglio, perché i nostri soldati hanno spinto via i maledetti”.
Nella stessa struttura si trovano molti anziani, anche loro partecipano alla difesa del paese producendo reti mimetiche e quant’altro di utile riescono a fare per i soldati ucraini.
Giovanni e Daniele si recano all’ospedale principale della città, è l’ospedale di riferimento per i soldati feriti che arrivano dalla prima linea, decine ogni giorno.
Medici e infermieri lavorano e operano giorno e notte, molte sono le amputazioni, Oleksi e Olexandr hanno studiato assieme all’università, ora il primo è il primario del reparto di traumatologia ortopedica e il secondo è chirurgo vascolare nel reparto politraumatizzati.
Hanno appena terminato di operare e anche se stanchi parlano volentieri del loro lavoro: “Non mancano risorse umane e competenze professionali di ottimo livello, c’è grande bisogno invece di strumenti diagnostici moderni”.
In una stanza trovano in quattro letti i soldati feriti, non sembrano stare male, anche loro non hanno remore a parlare di quello che gli è accaduto.
Vladimirio e il suo compagno di stanza hanno subito le operazioni per la riduzione di importanti fratture e anche loro hanno voglia di parlare: “vogliamo tornare al fronte appena sarà possibile, siamo motivati, vinceremo di sicuro, ma non abbiamo abbastanza armi moderne. Dateci più veicoli blindati per il trasporto dei soldati, voi italiani ne avete di buoni e molto apprezzati in Ucraina. Finiremo prima la guerra”.
L’Ucraina che Giovanni e Daniele hanno incontrato e visto di persona oggi è un paese unito dalla sofferenza, dall’orgoglio e dalla volontà di vincere.
(Novembre 2022)
Spigolature
di Luciano Scateni
Habemus papam
e che papa!
L’intero pianeta dell’informazione si è giustamente appropriato di un evento inaspettato, di altissimo profilo giornalistico, di un ‘caso’ che chiarisce e coincide perfettamente con il significato di ‘scoop’, che ogni direttore di quotidiani e settimanali vorrebbe esibire: lunga, intensa, affascinante presenza di Papa Francesco nello spazio televisivo di ‘Che tempo che fa’. Per non perdere neppure una virgola del colloquio a distanza di Bergoglio con Fazio, non c’è che leggere i resoconti pubblicati dai media o recuperare il filmato su Rai Play. In poche righe si può solo proporre un campionario parziale di termini e tentare di definire la statura universale di Bergoglio: saggezza, solidarietà, lungimiranza, cultura, bontà, pacifismo, serenità, ottimismo, simpatia, empatia, tolleranza, accoglienza, sensibilità, umiltà, amore, altruismo, rispetto, comunicatività, elegante umorismo, fascino...
Buona, confortante, la notizia del Covid che sembra perdere virulenza e mutare in forme ‘più umane’ e che potrebbe presto ridimensionarsi a patologia stagionale, simile all’influenza. L’ottimismo ha una sua ragione perché nasce nel cuore dell’inverno, stagione potenzialmente soggetta a pericolose impennate di diffusione del virus. Di qui le previsioni della scienza di un auspicato recupero della normalità per la prossima primavera. E che dire^ Se son rose, fioriranno.
La classe non è acqua, tanto meno lo charme dell’avvocato Agnelli che ne ha lasciato a iosa in eredità. La prova ieri sera, sul tardi: in vista di osservare spazio e commenti Rai del Tg2 Sport dedicati al 2 a 0 del Napoli in trasferta a Venezia, abbiamo atteso, con infinita e non rassegnata pazienza, il the end di conduttori e ospiti soggiogati dal fascino indiscreto della Juventus, che ha monopolizzato la rubrica sportiva della televisione pubblica per una buona mezz’ora. I poveri protagonisti del meticoloso, dettagliato, pignolo racconto del 2 a 0 della vittoria juventina sul modesto Verona, hanno vissuto, con evidente disagio, l’onere di aggrapparsi a ogni minimo spunto per giustificare il tg sport a tinte uniche, in bianconero. Nel tentativo di ingannare i tempi di attesa abbiamo intuito che, nel rispetto del bon ton ereditato dall’Avvocato, i successori si sono imposti di non pubblicizzare l’estensione dell’impero mediatico della Fiat (giornali, Tv, radio) al segmento di informazione sportiva della Rai. La scoperta ha sollecitato un ovvio raffronto con le testate del gruppo Gedi. Nessuna sorpresa: per dire della ‘strabiliante’ vittoria della Juventus sui poveri veneti, il quotidiano confindustriale, comprato dagli Agnelli, ha usato il massimo carattere tipografico e il titolone domina il paginone di ‘Repubblica
(Febbraio 2022)
SPIGOLATURE
di Luciano Scateni
La speranza? Il dissenso
Lituania, match di basket Zalgiris, squadra locale contro i russi della Stella Rossa. Prima del pallone alzato tra i due pivot i giocatori dello Zalgiris espongono un lungo striscione con la scritta ‘NO WAR’ e sul fondo i colori della pace. La squadra russa, fischiatissima rifiuta di partecipare e non regge il panno. Per fortuna è un episodio senza repliche. L’opposto: sul palco del San Carlo, a Napoli artisti russi e ucraini cantano uno accanto all’altro e si abbracciano. Nessuna esultanza di Aleksej Miranchuk, giocatore russo dell’Atalanta, dopo il gol segnato alla Sampdoria, dove milita l’ucraino Malinovskji. Sono tanti gli atleti russi che dissentono dall’invasione ordinata da Putin. Partecipano solidali all’inferno dei fratelli ucraini, specialmente di quelli in armi per difendere il loro Paese: Yevhen Malyshev, non ancora ventenne, della nazionale giovanile di biathlon, ucciso in combattimento, l’ex campione di ciclismo Andrei Tchmil, il fuoriclasse del nuoto Mykhaylo Romanchuk, Yuliia Dzhima, oro olimpico nella staffetta del biathlon a Sochi, il collega biatleta Dmytro Pidruchnyi, campione del mondo dell’inseguimento a Oestersund 2019, Dmytro Mazurtsjuk, in gara per le Olimpiadi di Pechino nella combinata nordica, i pugili Vasyl Lomachenko, campione olimpico dei pesi leggeri e del mondo in tre diverse categorie, Oleksandr Usyk, campione del mondo dei pesi massimi, i fratelli Klitschko. In tuta mimetica anche il tennista Stakhovsky, vincitore di Roger Federer a Wimbledon nel 2013. Il commento di Pessina, compagno italiano di squadra: “Il calcio unisce ciò che la follia umana prova a dividere”.
Putin deve rispondere anche dell’esclusione di squadre e atleti russi e ucraini da molti eventi internazionali. Per esempio i campionissimi del tennis Medvedev e Rublev, Wkaterrina Gamova, una delle più grandi pallavoliste di sempre: “Questa pagina vergognosa rimarrà per sempre nella storia del mio Paese”.
Il Levada Center, che in Russia compie sondaggi, al pari del nostro Pagnoncelli, si definisce organizzazione indipendente e non governativa. Da crederci? In Russia esiste l’indipendenza? Fosse vero il dato di Putin popolare all’83 percento, dello stesso zar candidato al processo per crimini contro l’umanità, la scelta di ragionarci su sarebbe confinata nei limiti del ‘non abbiamo capito niente dell’aggressione in Ucraina’, o ‘del popolo russo con il cervello in standby’, che offuscato dalla propaganda ossessiva di regime subisce il condizionamento noto alla psicanalisi come subordinazione di un popolo all’uomo ‘forte’ o che si auto rappresenta come tale in tempi di emergenza. La terza via è una forma misteriosa di masochismo, che ignora le dure conseguenze delle sanzioni, che non crede alla strage di innocenti raccontata da immagini terrificanti, emotivamente inguardabili. La stranezza è evidentissima: secondo Levada Center il consenso per quello che il mondo condanna come criminale sarebbe balzato in su. Ma allora, è invenzione dei cattivi nemici di Putin il numero crescente di dissidenti russi di ogni categoria sociale? Molti i esperti, lo sottolinea il Wall Street Journal, invitano alla cautela sull'affidabilità dei sondaggi in Russia nel momento in cui i principali media indipendenti sono stati messi al bando e quindi la popolazione, in particolare quella dei centri urbani minori lontani da Mosca e San Pietroburgo, è informata sulla guerra solo dai media di Stato con la loro propaganda. La controprova è nei mille volti dei dissidenti: intellettuali, artisti, religiosi, sport, cinema, scienza.
La dissidenza si muove e si sta ampliando un fronte interno di opposizione.
Tra i fermati il sociologo Grigory Yudin, Maria Alyokina delle Pussy Riot, il vicepresidente della sezione di Mosca del partito d’opposizione Yabloko, Kirill Goncharov. Alekseij Navalny ha fatto un appello attraverso i social ai russi perché non diventino “vigliacchi che fingono di non notare la guerra aggressiva scatenata dal nostro folle zar contro l’Ucraina”, la giornalista di Kommersant Yelena Chernenko, espulsa dal pool di giornalisti del ministero degli Affari Esteri. Il direttore artistico del Teatro statale di Mosca è stato licenziato per un post critico su Facebook. La direttrice del Centro Elena Kovalskaya si è dimessa per protesta contro la guerra con l’Ucraina. Sospeso anche il direttore d’orchestra dell’Opera di Novgorod Ivan Velikanov per un breve discorso di ripudio della guerra e l’esecuzione dell’Inno alla gioia di Beethoven. Contro la guerra, anche il regista teatrale Lev Dodin, l’attrice e conduttrice televisiva Julia Menshova, Anatoly Bely e Sergey Lazarev, l’attrice Elizaveta Boyarskaya, la cantante lirica Anna Netrebko”. Appello alla riconciliazione e alla fine della guerra di alcuni sacerdoti della Chiesa ortodossa russa. Putin all’83 per cento?
(Aprile 2022)
SPIGOLATURE
di Luciano Scateni
L’invito. Rai 3 “Generazione Bellezza”
Sarebbe interessante affidare al responso dei sondaggi il quesito: “Quanti followers del conduttore televisivo che il gossip classifica come il più sexy e che gli utenti Rai assolvono a pieni voti per la lettura condivisa-contestata di ‘Stanotte a Napoli’, hanno pari empatia per
Emilio Casalini, autore e conduttore di “Generazione Bellezza”, che precede “Un posto al sole” e racconta di qui al 9 gennaio un’Italia ‘altra’, ovvero storie di coraggio e creatività di persone e luoghi da Nord a Sud, non di Venezia, Roma, Napoli, Firenze, ma di piccole isole del miracolo italiano, ignorate dai sontuosi programmi che Alberto Angela e Corrado Augias propongono, anticipati e seguiti dal tam tam di ripetuti spot promozionali. Casalini e il suo percorso professionale, ricco, intenso, ben oltre i curricula di giornalisti più famosi e meno impegnati a raccontare realtà drammatiche o, nel caso di ‘Generazione bellezza’, realtà stupefacenti ma ignorate, ritenute poco idonee ai grandi ascolti televisivi. Dunque Casalini: premi giornalistici (‘Ilaria Alpi’, e il ‘Baldoni’ sulla condizione dei ragazzi iraniani), laurea in Relazioni internazionali, fotoreporter di settimanali, autore di documentari sull’Europa orientale, dell’inchiesta “Invisibili siete voi” sul lavoro minorile, collaboratore di Rai News (campi profughi in Albania), autore del programma “Dagli Appennini alle Ande” (sfruttamento petrolifero della Guinea), inviato di ‘Report’ (sull’ambiente), di Rai Educational, autore di Crash (caporalato in Puglia), inviato in Iran, sua l’indagine sui rifiuti tossici italiani provenienti dalla Cina, collaboratore del Corriere della Sera.
“Generazione Bellezza” esemplifica come poco altro delle reti pubbliche e commerciali un possibile modello alternativo alla ‘paccottiglia’ imposta da interessi commerciali (pubblicità) che infliggono ai telespettatori un ignobile mix di banalità, volgarità, superficialità, di valori opposti all’etica, dosi massicce di pettegolume, con poche eccezioni di televisione ‘no trash’, per merito di isole d’alto profilo come appunto “Generazione bellezza”, alla sua seconda stagione. In 15 puntate, Casalini propone progetti, storie di persone e comunità, che disegnano il loro destino con intelligenza creativa, intraprendenza e valorizzano l’identità dei territori, generano bellezza, economia sostenibile, condivisa. Il viaggio sosta dentro luoghi e visioni dell’Italia orgogliosa di se stessa, che non si lamenta e crea spazi dove vivere bene ed essere felici. Mostra paesaggi, tradizioni, agricoltura, archeologia, artigianato, architettura, enogastronomia, arte, cultura, natura, connessioni tra le persone, i saperi e i patrimoni disponibili di persone comuni, replicabili ovunque, che lavorano per realizzare sé stesse e la terra in cui vivono.
Le puntate di questa seconda serie hanno narrato “Il sogno di una comunità”, quella di Sciacca, in Sicilia, che vince la crisi con la decisione di diventare coesa, competente e consapevole del valore di ciò che la circonda, che crea un turismo di comunità sostenibile, duraturo nel tempo. “Il teatro di Andromeda” è la visione di un pastore che dà voce alla sua anima di artista e con le sue mani costruisce un teatro di pietra in cima ad una montagna nel centro della Sicilia, strumento perfetto per godere la sontuosità del paesaggio circostante. “Le panchine della felicità”, idea geniale di Chris Bangle, famoso designer di auto che ha scelto l’Italia e inventa le ‘panchine giganti’, collocate opportunamente per godere i suggestivi panorami delle Langhe e attrarre migliaia di turisti. “Va’ zapp, vai a zappare” dice di Giuseppe Savino, contadino foggiano dal coraggio visionario, che introduce la bellezza nella campagna, con la consulenza di architetti della sua terra che la ridisegnano per un’agricoltura delle relazioni, un profitto giusto e la sconfitta del caporalato, dello sfruttamento del lavoro. Da non perdere “Il sindaco”, racconto del coraggio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, che ha protetto la sua terra dall’abusivismo edilizio e oggi ha lasciato il suo comune come un modello di sviluppo sostenibile, dove anche un bambino di 6 anni, da grande vuole fare il sindaco. Insomma visioni di territori in recuperata armonia. Parlarne, come fa questa nota, è lontano anni luce dalla qualità, dall’unicità, dall’impegno civile di ‘Generazione Bellezza’ che la Rai farebbe bene a promuovere come esempio di buona, buonissima televisione e a pubblicizzare quanto, se non di più, di programmi simili, ma non di pari “Bellezza”.
(Gennaio 2022)