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Miti napoletani di oggi. 77

LA “SANT'ORSOLA” DI CARAVAGGIO

 

di Sergio Zazzera

 

Fiore all’occhiello della sede napoletana delle “Gallerie d’Italia”, nel Palazzo Zevallos di Stigliano, in via Toledo, è il Martirio di Sant’Orsola, dipinto dal Caravaggio nel 1610, su commissione del nobile Marcantonio Doria.

Le vicende della paternità dell’opera sono state un tantino romanzesche: emersa quasi dal nulla, alla metà del secolo scorso, dopo che se n’erano perse le tracce, l’opera fu sottoposta all’esame di Roberto Longhi – massima autorità nel panorama della storia dell’arte, all’epoca –, il quale la ritenne, tutt’al più, di mano di Bartolomeo Manfredi; e analoga posizione negativa fu assunta da Ferdinando Bologna. Poi, quasi per una sorta di nemesi storica, a partire da un quarto di secolo dopo, le ricerche di Mina Gregori (stilistiche) e di Vincenzo Pacelli (documentarie) – allievi, rispettivamente, dei due maestri sopra citati – dimostrarono, in maniera inconfutabile, la provenienza dell’opera dalla mano di Michelangelo Merisi.

Ma qui interviene il mito, poiché, già il 29-30 aprile 1923, dalle pagine del periodico Il Mezzogiorno, Ferdinando Russo dava atto della presenza nel Palazzo Doria d’Angri della «Sant’Orsola del Caravaggio» (corsivi miei). E, poiché gli articoli del poeta si avvalevano delle testimonianze contenute in manoscritti e memorie d’epoca, evidentemente, a nessuno, oltre che a lui, era passato per la mente di documentarsi, prima di formulare giudizi “mitici”.

(Febbraio 2020)

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