di Luigi Alviggi
Il Mazzella individua sagacemente, nella vena ispiratrice del regista, tre momenti con fonti ben distinte. Il primo - quello delle produzioni iniziali (1950-57) - contraddistinto dalla maggiore comunione sociale e relazionale del soggetto. Il giovane non si è ancora chiarito l’universo interno e rivolge maggiore attenzione al circostante: è la presa di coscienza graduale, da parte del provinciale arrivato a Roma, della vita e dei suoi attori nel girone capitolino. Sarà il periodo delle salutari scoperte. legate alla maggiore disponibilità e apertura verso l’esterno. Il secondo è quello dei capolavori (1959-64). L’uomo si è conosciuto, avverte meno la necessità del collettivo ma si volge piuttosto ad approfondire le geniali impronte personali. È incoraggiato ad attingere alla smisurata creatività, pur non svalutando il debito inestinguibile verso gli apporti sociali. È la fase della migliore fecondità, ancora lontana da quelle divagazioni, pur sempre testimonianza di arte ai più alti livelli, lontane dal comune sentire e dunque obbliganti a un’assimilazione più analitica. La terza fase si avvicina fortemente alla “commedia dell’arte” per tecnica di improvvisazione e afflato creativo, che svicola o addirittura trascende i limiti di una sceneggiatura per lasciar campo libero alla situazione in sviluppo e agli attori che in essa agiscono. È quanto accadeva con i grandi comici del passato, per citarne solo uno, sommo: Totò. Coll’avanzare degli anni tali impulsi divengono sempre più forti sino a prendere il sopravvento e giungere alle dinamiche imprevedibili delle ultime realizzazioni: “L’intervista” (1987) e “La voce della luna” del 1990.
L’“arzdora” romagnola, la “reggitrice della casa” non è una figura esplicita nel raffinato mondo felliniano ma certo implicita nell’elemento femminile dominante in ogni suo prodotto. Ricordiamo che Fellini – uomo non esempio di fedeltà coniugale - è stato sposato con la straordinaria attrice Giulietta Masina (1921 – 1994). Moglie e musa insostituibili, hanno accomunato intimamente tantissimo: insieme per mezzo secolo di matrimonio e sette film girati.
Nel marzo 1993 Sophia Loren e Marcello Mastroianni – nella cerimonia di proclamazione degli Oscar sul palco del Kodak Theatre a Hollywood - annunciarono a Fellini la vittoria dell’Oscar alla Carriera. Sullo schermo retrostante apparvero le parole: “L’unico vero realista è il visionario”, pilastro della parabola artistica, confermato in ogni espressione professionale dallo stellare regista. La mescolanza di sogno e realtà ha imbevuto nell’intimo la sua vita e produzione. Fu il quinto Oscar ricevuto dopo i quattro precedenti dati a suoi film come miglior film straniero: “La strada” (1957), “Le notti di Cabiria” (1958), “8½” (1964), “Amarcord” (1975).
Fellini sarebbe morto a Roma il 31 ottobre successivo, la Masina l’avrebbe seguito a breve.
Luigi MAZZELLA: Federico Fellini, realista e visionario
Prefazione di Antonio Filippetti
Istituto Culturale del Mezzogiorno, 2019 – pp. 128 - € 30,00
(Ottobre 2020)