VACCINARE I MAGISTRATI
di Sergio Zazzera
Potrebbe sembrare l’ottava opera di misericordia, e forse lo è. I magistrati – e, in maniera particolare, quelli napoletani – hanno fatto sentire la loro voce, attraverso gli organismi associativi locali, chiedendo di essere sottoposti a vaccinazione anti-SarsCov2 al più presto.
Premesso – e senza offesa per nessuno – che il convergere sul Governo delle richieste di numerose categorie professionali (tutte?) sta finendo per assumere la fisionomia di una guerra tra poveri, devo dire, però, che soltanto chi non ha mai messo piede in un’aula di Giustizia – soprattutto, ma non soltanto, civile – può stigmatizzare in maniera negativa una richiesta siffatta; ma mi spiego.
Anzi, per spiegarmi meglio, comincio con un episodio personale. Sono stato giudice dell’esecuzione civile per diciassette anni e, una volta, un mio parente mi telefonò a casa, dicendomi di essersi trovato per motivi suoi nella Pretura di Napoli e di essere passato per il mio ufficio, per salutarmi. «Ma non ti ho visto», concluse. Gli spiegai che, se fosse riuscito a farsi largo tra il nugolo di avvocati (una cinquantina, all’incirca) che affollava la mia aula, avrebbe avuto discrete probabilità di vedermi (ma non di più di tanto).
Questo, per dare un’idea delle condizioni nelle quali si svolgono – e non soltanto a Napoli – le udienze civili, benché quelle penali non siano messe, poi, tanto meglio. Ora, se si considera l’elevato rischio di diffusione del contagio in ambienti particolarmente affollati, che non è detto – come i media ci hanno consentito di apprendere – che le mascherine riducano fino a un massimo del 2 o 3%, non credo che ci sia da strapparsi le vesti se i magistrati – ma anche gli avvocati e tutti gli altri frequentatori più o meno abituali delle aule di Giustizia – invochino che sia loro praticata la vaccinazione. Altrimenti, sarebbe più che giustificato che fossero essi a strapparsi di dosso le toghe.
(Marzo 2021)